Non sarà una fase semplice per il dirigente sportivo: importanti decisioni e importanti responsabilità lo attendono!
Fiscosport, come sempre, si pone al fianco degli operatori: dapprima con queste specifiche FAQ, e a breve con una speciale newsletter in corso di predisposizione.
Le FAQ saranno in costante aggiornamento, sulla base delle domande che perverranno alla redazione da parte dei nostri lettori: continuate a seguirci!
FASE 2 – Dal 4 al 17 maggio
Quali soggetti possono svolgere attività sportiva in base al DPCM del 26 aprile?
Sono previste due fattispecie:
– è consentito svolgere individualmente, ovvero con accompagnatore per i minori o per le persone non completamente autosufficienti, attività sportiva o attività motoria, purché nel rispetto della distanza di sicurezza di almeno due metri per l’attività sportiva e di almeno un metro per ogni altra attività, salve ulteriori restrizioni o diverse indicazioni adottate a livello regionale;
– sono consentite le sessioni di allenamento degli atleti di discipline sportive individuali, professionisti e non professionisti, riconosciuti di interesse nazionale dal CONI, dal CIP e dalle rispettive Federazioni, in vista della loro partecipazione ai giochi olimpici o a manifestazioni nazionali ed internazionali.
Allo stato, tali allenamenti sono possibili nel rispetto delle norme di distanziamento sociale e senza alcun assembramento, a porte chiuse, per gli atleti di discipline sportive individuali.
Tali attività dovranno osservare le linee guida per lo svolgimento degli allenamenti per gli sport individuali approvate il 4.5.2020 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Ufficio per lo Sport, applicabili, fino a nuove disposizioni, anche agli atleti professionisti e non, riconosciuti di interesse nazionale e internazionale, di discipline sportive di squadra, purchè svolti sempre in forma individuale.
Che differenza esiste tra gli atleti professionisti e non professionisti?
La differenza è stabilita dalle carte federali.
Solo alcune FSN prevedono alcune categorie di atleti professionisti (calcio, basket, ciclismo e golf); in tutti gli altri casi, si tratta di atleti non professionisti (ovvero di sportivi dilettanti)
Chi sono gli atleti di interesse nazionale o internazionale?
Sono gli atleti professionisti e non professionisti riconosciuti tali dal CONI, dal CIP e dalle rispettive federazioni, in vista della partecipazione ai giochi olimpici o a manifestazioni nazionali ed internazionale, individuati dall’organismo sportivo di riferimento quali soggetti abilitati a svolgere gli allenamenti di cui alla lettera g), art. 1, comma 1, del DPCM 26.04.2020.
Come faccio a sapere se gli atleti tesserati sono di interesse nazionale o internazionale?
Le Linee Guida riportano quanto segue: “Sarà compito delle singole Federazioni Sportive Nazionali, olimpiche e paralimpiche, Discipline Sportive Associate, identificare gli atleti riconosciuti di interesse nazionale e internazionale, rilasciare ai medesimi apposita certificazione che possa essere esibita per l’accesso agli impianti, nonché per tutti gli usi previsti, ivi compresa l’attività di controllo a cui sono preposte le autorità locali. Detti elenchi sono inviati anche al CONI, o al CIP, e all’Ufficio per lo Sport.”
È pertanto demandata a ciascuna FNS/DPS l’individuazione degli atleti interessati
Se vengono svolte le sessioni di allenamento, può essere riaperto l’intero impianto sportivo?
No, il DPCM 26.4.2020 conferma che :
– sono sospese le attività di palestre, centri sportivi, piscine, centri natatori
– non è consentito svolgere attività ludica o ricreativa all’aperto
– non sono consentiti assembramenti
Vanno però verificate specifiche indicazioni a livello regionale, che possono consentire l’utilizzo degli impianti limitatamente all’accesso per la pratica sportiva individuale, esclusi gli spazi comuni (spogliatoi, bagni, club house, …) ed esclusa ogni attività di aggregazione, alle condizioni ivi indicate.
Nella lettera “f” del D.P.C.M. si legge “non è consentito svolgere attività ludica o ricreativa all’aperto; è consentito svolgere individualmente …. attività sportiva o attività motoria, purché comunque nel rispetto della distanza di sicurezza …”: l’attività sportiva o motoria deve anch’essa essere svolta all’aperto? cosa si intende per “all’aperto”?
Anche se la limitazione ai luoghi aperti non è ripetuta nella seconda parte della frase, tutte le interpretazioni sono che ciò sia sottinteso: l’attività sportiva o motoria è consentita solo all’aperto.
Non è stata data una definizione precisa di cosa si intenda per “all’aperto”; sulla base delle motivazioni e finalità della legge riteniamo si debba trattare di spazi:
– scoperti, o coperti in modo tale da non creare alcun ostacolo al circolo dell’aria; quindi p.es. tollerata una tettoia se sufficientemente alta e ininfluente sul ricircolo dell’aria, non tollerate tende o tendoni di copertura
– non necessariamente aperti a tutti, quindi consentiti p.es. cortili privati o condominiali, parchi e giardini sia pubblici che privati.
Nel caso che si tratti dello spazio aperto di un impianto sportivo, dovranno essere seguite le disposizioni relative all’utilizzo di tali impianti (quelle dettate dalle linee guida e dalle federazioni per gli allenamento).
È consentita l’attività sportiva all’aperto sotto la guida di un allenatore/istruttore?
Dal momento che la legge utilizza il termine “individualmente”, ovvero con accompagnatore nel solo caso di minori o persone non autosufficienti, escludiamo che sia consentita l’attività sportiva, sia singola che di gruppo, sotto la guida di un allenatore/istruttore.
Nell’attività sportiva o motoria all’aperto è necessario o comunque consigliato l’utilizzo delle mascherine?
Non solo non è necessario ma, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, controproducente e addirittura pericoloso, perché riduce la quantità di ossigeno inalata.
RESPONSABILITÀ
Il gestore di impianto sportivo che responsabilità ha verso coloro che accedono all’impianto? Atleti, soci, ecc.
Vige la responsabilità del gestore dell’impianto, secondo i principi generali di cui agli artt. 2043 e 2051 del Codice Civile che gli impongono di predisporre adeguate misure di tutela nei confronti di chi venga chiamato ad operare nell’ambito dell’attività di riferimento dell’associazione/società sportiva dilettantistica.
In quali responsabilità incorre il dirigente di asd/ssd ove non gestisca il rischio covid in fase di riapertura (anche parziale) dell’impianto o di porzioni di esso?
ll legale rappresentante e responsabile di una associazione/società sportiva – in qualità di gestore dell’impianto e organizzatore delle attività sportive – è titolare di una posizione di garanzia, ai sensi dell’art. 40, comma secondo, del codice penale, ed è tenuto a garantire l’incolumità fisica degli utenti (atleti, soci, tesserati, frequentatori, collaboratori, allenatori, ecc.) e ad adottare in via preventiva tutte le misure organizzative e tutte le cautele idonee a impedire il superamento dei limiti di rischio connaturati alla normale pratica sportiva.
Il principio si applica sia per la responsabilità penale sia per la responsabilità civile.
La responsabilità penale è sempre personale e prescinde dalla natura giuridica del sodalizio sportivo.
La responsabilità civile del dirigente consegue invece alla natura giuridica del sodalizio e sussiste ai sensi dell’art. 38 c.c. nelle associazioni non riconosciute come persone giuridiche.
Nell’ambito della responsabilità civile, il gestore/organizzatore di attività sportive risponde sia a titolo contrattuale sia a titolo extracontrattuale, in applicazione del principio generale del neminem laedere stabilito dall’art. 2043 c.c. e ai sensi dell’art. 2051 c.c. che impone di garantire la sicurezza dei luoghi e l’adozione di tutte le misure idonee a prevenire e neutralizzare situazioni di pericolo e di danno.
Il rischio di contagio e diffusione del Covid-19 comporta quindi l’adozione di specifiche cautele e misure protettive – di qui la fondamentale importanza di osservare le linee guida e di attuare i protocolli di sicurezza – inserendosi nelle ordinarie regole che disciplinano le responsabilità civili e penali dei dirigenti sportivi.
Quindi la responsabilità del presidente sussiste anche in assenza di lavoratori dipendenti?
Sì.
In qualità di datore di lavoro, ai fini della sicurezza dei luoghi di lavoro, il dirigente avrà la responsabilità di integrare il DVR (Documento Valutazione Rischi) con il rischio biologico rappresentato dal Covid-19.
In qualità di gestore dell’impianto, il medesimo dirigente avrà comunque – a prescindere dalla presenza di rapporti di lavoro dipendente – la responsabilità di assicurare la sicurezza a coloro che a vario titolo – anche non dipendenti – avranno accesso all’impianto, mediante la predisposizione di un apposito regolamento.
Pertanto, la responsabilità a fare allenare all’interno dell’impianto gli atleti che le FSN/DSA hanno riconosciuto di interesse nazionale e internazionale non ricade su queste ultime ma sul dirigente dell’ente sportivo gestore?
Sì: il principio generale di responsabilità del gestore e della posizione di garanzia da lui assunta opera sempre, anche nei confronti degli atleti che fruiscano dell’impianto.
Cosa è cambiato nella sicurezza in “epoca covid-19”?
Sostanzialmente nulla, ai fini delle norme applicabili, i cui principi rimangono i medesimi.
Ma si sono rafforzati i protocolli da seguire a causa degli alti rischi di contagio.
Pertanto, se prima il dirigente sportivo era responsabile se qualcuno scivolava per le scale bagnate ove non fossero state impiegate misure idonee di protezione (strisce antiscivolo, ad esempio, o corrimano), adesso sarà ritenuto responsabile in caso di contaminazione da agente Covid (ovviamente quando fosse dimostrato il nesso causale fra comportamento del dirigente e contagio).
Cosa è il nesso causale?
Si tratta del rapporto causa/effetto tra il comportamento antigiuridico (azione od omissione) e l’evento dannoso.
Si pensi alla difficoltà per il singolo frequentatore di dimostrare che il contagio è avvenuto proprio nell’impianto sportivo; tale legame potrebbe essere sostenuto molto più facilmente se, ad esempio, si sviluppassero più casi positivi aventi come unico elemento comune la frequentazione del medesimo ambiente sportivo.
Il dirigente sportivo può opporsi a fare svolgere gli allenamenti ove non ritenga di poter ottemperare a tutte le misure richiesta dalle Linee Guida?
Il legale rappresentante della associazione o società sportiva dilettantistica rappresenta colui su cui ricadranno le responsabilità qualora il rischio Covid non risulti efficacemente gestito.
Si ritiene pertanto, che in mancanza dei necessari presupposti di sicurezza per la tutela della salute, la dirigenza possa decidere di non consentire l’accesso all’impianto per le sessioni di allenamento.
LE MISURE DA ATTUARE
L’asd/ssd, che si avvale di dipendenti, cosa deve predisporre ai fini del rischio Covid?
Deve integrare il Documento di Valutazione dei Rischi e/o il Documento Unico Valutazione Rischio Interferenze con una specifica appendice, che illustri le modalità di gestione del rischio da contagio.
Per tale attività si raccomanda di avvalersi della consulenza di esperti.
E per quanto riguarda i fruitori dell’impianto?
Dovrà essere predisposto un protocollo operativo al cui rispetto siano obbligati tutti i fruitori dell’impianto e tutti coloro che svolgano attività organizzata da parte dell’ente: soci, tesserati, atleti.
Le formalità non sono ad oggi codificate: si ritiene che si debbano seguire le presenti indicazioni:
– redatto per iscritto
– approvato dal consiglio direttivo (nelle a.s.d.) ovvero dall’organo amministrativo (nelle s.s.d.)
– sottoscritto da ciascun fruitore dell’impianto
Dovranno essere seguite le indicazioni delle linee guida approvate il 4.5.2020 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Ufficio per lo Sport e di quanto emanato dalla FSN/DSA di riferimento.
Le linee guida approvate il 4.5.2020 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Ufficio per lo Sport, citano il Medico Competente e il Medico Sociale. Che differenza c’è tra queste due figure?
Il Medico Competente è una figura prevista dalla disciplina della sicurezza sui luoghi di lavoro, è normato dall’art. 2, co. 1, lett. h) del D lgs 81/2008: collabora con il Datore di Lavoro per la valutazione dei rischi ed effettua la sorveglianza sanitaria ove necessaria. Il Medico Competente è previsto solo in caso di obbligo di sorveglianza sanitaria in presenza di lavoratori dipendenti (in senso tecnico) ed è escluso qualora l’a.s.d./s.s.d. si avvalga esclusivamente di soggetti volontari, di collaboratori sportivi e amm.vo gestionali.
Il Medico Sociale è il responsabile sanitario in ambito sportivo, regolarmente iscritto in un apposito elenco presso la Federazione Sportiva Nazionale di riferimento.
È obbligatorio dotarsi di medico competente o di medico sociale?
No, se non vi era già l’obbligo nella fase pre-emergenza.
Inoltre, per le realtà con lavoratori dipendenti, il documento INAIL di aprile 2020 “Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione” auspica la nomina del medico competente, senza sancirne l’obbligo: è infatti previsto (paragrafo Sorveglianza sanitaria e tutela dei lavoratori fragili): “Relativamente alle aziende dove non è già presente il medico competente, in via straordinaria, va pensata la nomina di un medico competente ad hoc per il periodo emergenziale o soluzioni alternative, anche con il coinvolgimento delle strutture territoriali pubbliche (ad esempio, servizi prevenzionali territoriali, Inail, ecc.) che, come per altre attività, possano effettuare le visite, magari anche a richiesta del lavoratore.”
Come gestire il rientro nell’impianto sportivo di un soggetto risultato positivo?
L’ultimo alinea del punto 12 del Protocollo condiviso sul lavoro del 24 aprile, allegato al DPCM del 26 aprile, prevede una procedura specifica per i lavoratori dipendenti, in presenza di realtà dotate di medico competente:
Per il reintegro progressivo di lavoratori dopo l’infezione da COVID19, il medico competente, previa presentazione di certificazione di avvenuta negativizzazione del tampone secondo le modalita’ previste e rilasciata dal dipartimento di prevenzione territoriale di competenza, effettua la visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l’idoneita’ alla mansione”. (D.Lgs 81/08 e s.m.i, art. 41, c. 2 lett. e-ter), anche per valutare profili specifici di rischiosita’ e comunque indipendentemente dalla durata dell’assenza per malattia.
Quanto sopra dovrà essere applicato in impianti con lavoratori dipendenti e medico competente; in questi casi, a causa del rischio da interferenze, dovrà essere applicato anche a collaboratori e volontari, oltre che ad atleti e soci/tesserati/clienti/fornitori, ovvero a chiunque possa venire in contatto con i dipendenti aumentandone il rischio (in questa situazione dovrà essere predisposto il DVRI).
Nelle realtà senza medico competente, il ruolo sarà ricoperto dal medico di famiglia del soggetto che sia stato affetto da Covid.
Nelle realtà senza dipendenti, si ritiene che quanto sopra debba essere comunque applicato ai fini della salvaguardia di tutti coloro che frequentano l’impianto e troverà formalizzazione nel protocollo/regolamento interno, approvato dal Consiglio Direttivo.
Cosa sono i Dispositivi di Protezione Individuale?
Per Dispositivo di Protezione Individuale – DPI – si intende “qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.” (D.Lgs. n. 81/2008, art. 74, comma 1).
Si tratta, in epoca Covid, di mascherine, guanti monouso, occhiali protettivi e di tutti gli ulteriori dispositivi ritenuti idonei alla protezione.
Cosa deve essere previsto dal protocollo operativo?
Dovrà essere previsto, come contenuto minimo, quanto contemplato nelle Linee Guida e quanto previsto dalla FSN/EPS di riferimento.
Se la Federazione di appartenenza non si è espressa non posso procedere?
Si ritiene che debba comunque essere previsto quanto contemplato nelle Linee Guida.
Cosa è il rischio da interferenze?
Si parla di interferenze lavorative nel momento in cui più operatori afferenti ad aziende diverse, prestano la loro opera (contestualmente o meno) sullo stesso luogo di lavoro (art. 26 d.lgs 81/2008).
Il dirigente sportivo che sia anche datore di lavoro dovrà valutare il rischio da interferenze e redigere il DVRI (Documento Valutazione Rischio Integrato) relativamente ai seguenti soggetti che possano venire in contatto con i propri dipendenti:
– collaboratori sportivi e amm.vo gestionali
– volontari che operino all’interno dell’ente sportivo
– atleti
– soci e tesserati
– fornitori
È vero che per la riapertura di un circolo tennis è necessario presentare protocollo di sicurezza al suap?
Il D.P.C.M. e i provvedimenti delle Regioni di cui siamo a conoscenza non contengono tale prescrizione, ma non possiamo escludere che ciò sia previsto da delibere regionali e comunali che, se più restrittive, prevalgono sulla disposizioni statali e che è quindi sempre necessario verificare.
SANIFICAZIONE
Che differenza c’è tra pulizia e sanificazione?
La l. 82 del 25/01/94 e il successivo e relativo Decreto Ministeriale n. 274 del 07/07/1997, regolamentano cosa si intende per attività di pulizia e cosa di intende per attività di sanificazione. Nello specifico:
– l’art.1 lett a) del DM indica per attività di pulizia quelle che riguardano il complesso di procedimenti ed operazioni atti a rimuovere polveri, materiale non desiderato o sporcizia da superfici, oggetti, ambienti confinanti ed aree di pertinenza;
– mentre la lettera e) regolamenta le attività di sanificazione in quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti mediante l’attività di pulizia e/o di disinfestazione, ovvero mediante il controllo ed il miglioramento delle condizioni del microclima per quanto riguarda la temperatura, l’umidità e la ventilazione ovvero per quanto riguarda l’illuminazione ed il rumore.
Tale attività deve essere effettuata da imprese di pulizia specificatamente iscritte, sempre ai sensi del predetto DM e con i requisiti dallo stesso identificati, al Registro Imprese e all’Albo Artigiani.
La visura camerale dell’azienda di pulizia deve evidenziare l’iscrizione ai sensi del predetto DM 7/7/1997.
Recentemente il Ministero della Salute è intervenuto con indicazioni sulla procedura di sanificazione da attuare in strutture non sanitarie (Nota 17644 del 22/05/2020): attività di sanificazione in ambiente chiuso, procedura di pulizia e sanificazione per ambienti esterni, tipologia disinfettanti, procedura di sanificazione riconducibile a Ozono, Cloro Attivo, etc
La sanificazione è obbligatoria prima della riapertura?
È obbligatoria solo in caso di presenza di soggetto positivo prima della chiusura o nelle aree geografiche maggiormente colpite (protocollo 24 aprile, punto 4); dipende quindi sia dall’area geografica, sia da eventuali ordinanze regionali o comunali più stringenti.
Come viene fatta la sanificazione?
Per la massima tutela è opportuno operare con ditta specializzata che attesti prodotti e processi.
Può però essere svolta direttamente dall’utente o da altri soggetti individuati dal protocollo interno.
Spesso è opportuno avvalersi delle due tipologie, la prima periodicamente, la seconda in base al protocollo adottato.
Cosa si intende per sanificazione periodica? Quale periodicità va seguita?
Non esiste una regola generale, dipende dal rischio.
È il gestore o il responsabile della sicurezza che deve decidere la periodicità.
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Al presente articolo hanno collaborato i Consulenti Fiscosport: Stefano Andreani, Maurizio Falcioni, Donato Foresta, Patrizia Sideri, Biancamaria Stivanello