Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali è intervenuto sulla legge 124/2017 (articolo 1, commi da 125 a 129) con la propria circolare n. 2 dell’11 gennaio 2019 nella quale, traendo spunto dal parere n. 1449/2018 del Consiglio di Stato, ha chiarito diversi punti che, lo scorso anno, avevano destato non poche preoccupazioni negli operatori che, vedendo approssimarsi la scadenza del 28 febbraio, non avevano ricevuto i necessari chiarimenti, primo tra tutti quello della decorrenza dell’obbligo di trasparenza circa le provvidenze ricevute.
In questo intervento si parlerà spesso del "termine di pubblicazione" dei dati relativi alle provvidenze ricevute perché ci si rivolge agli enti non profit.
Le imprese devono indicare i dati nella nota integrativa del bilancio di prossima approvazione.
La circolare ministeriale giunge perciò quasi tempestivamente e chiarisce i seguenti punti:
Chi deve eseguire i controlli e applicare le sanzioni?
- in via preliminare le singole Amministrazioni che erogano fondi o dispongono vantaggi ad enti non profit o ad imprese devono provvedere ai controlli previsti dalla legge in rassegna;
La decorrenza dell’obbligo di pubblicazione:
- è stato definitivamente chiarito che il momento di decorrenza dell’obbligo di pubblicazione è quello dei vantaggi economici ricevuti a partire dal 1° gennaio 2018 e quindi con obbligo di pubblicazione dal 28 febbraio 2019. Ciò deriva dalla lettura dell’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale in cui si dispone che la legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo. La conferma fuga tutti i dubbi sorti lo scorso anno in prossimità della scadenza.
Va comunque detto che, sebbene la legge fosse stata approvata nell’agosto del 2017, questa disponeva un obbligo nel futuro (febbraio 2018) e, dall’agosto 2017 alla data di scadenza, vi era tutto il tempo per reperire i dati da pubblicare.
E’ inutile dire che una migliore scrittura del testo legislativo avrebbe reso più facile la sua applicazione.
Comunque sia, ben venga il chiarimento ministeriale a fugare i dubbi della prima ora.
Sanzione per l’omessa pubblicazione:
- in caso di omessa pubblicazione, sono soggetti alla sanzione della restituzione solo le imprese. Questa interpretazione deriva dalla lettura della norma, basata sulla costruzione dei periodi che dopo aver enucleato i due insiemi dei soggetti interessati dalle norme (gli enti e le imprese), è alle imprese che il legislatore si rivolge. Questo perché il terzo periodo del comma 125 è collocato subito dopo quello che impone l’obbligo pubblicitario (inserimento nella nota integrativa da pubblicare nel Registro delle imprese) a carico delle imprese. Sebbene la lettura appaia convincente, non si vede allora il perché il legislatore si sia impegnato tanto ad enucleare anche gli enti senza finalità di lucro tra i destinatari dell’obbligo, se poi non vi ha posto un’adeguata sanzione o una conseguenza: l’adempimento richiesto agli enti senza finalità di lucro diventerebbe così del tutto volontario.
Attenzione però alle cooperative sociali: si tratta di imprese ma sono anche Onlus.
Qual è la caratteristica predominante per questi soggetti? Prevale certamente quella di impresa: da sempre le cooperative sono imprese con il vincolo della mutualità tra i soci e non della distribuzione degli utili tra gli stessi.
In base a questa interpretazione dovremmo perciò parlare di inserimento dei dati nella nota integrativa del bilancio delle imprese e non di pubblicazione poiché solo gli enti senza finalità di lucro sono tenuti alla pubblicazione nel web.
E gli enti che non hanno un sito web?
- la pubblicazione per gli enti non profit è da effettuare o sul proprio sito web. In mancanza va bene il sito della rete associativa di cui fa parte l'ente oppure sulla pagina Facebook. Quest'ultima soluzione non è del tutto ortodossa poiché possiamo considerare Facebook "molto diffuso" ma non uno strumento attraverso il quale rendere noto ai terzi determinati fatti o condizioni. Chi opera più del sottoscritto su questo social media mi ha fatto giustamente notare che la pagina FB potrebbe appartenere ad un "gruppo chiuso" per cui non potrebbe soddisfare il carattere "pubblico" che il legislatore ha inteso chiedere agli operatori.
Come si è già detto in apertura, per le imprese i dati sono da inserire nella nota integrativa in occasione della redazione del bilancio: la pubblicità dei dati è raggiunta nel momento in cui il bilancio è depositato nel Registro delle imprese.
Cosa pubblicare
Fermo restando il criterio strettamente di cassa da applicare ai fondi e ai vantaggi ricevuti nell’arco dell’anno solare, non occorre pubblicare un rendiconto dettagliato del loro utilizzo ma solo questi dati:
- denominazione e codice fiscale del soggetto ricevente;
- denominazione del soggetto erogante;
- somma incassata (per ogni singolo rapporto giuridico sottostante);
- data di incasso;
- causale.
La circolare non affronta invece alcuni aspetti pratici che invece, nell’intervento del 22/02/2018, sempre sulle pagine della Newsletter di Fiscosport, avevo individuato e ripropongo qui di seguito:
- per sovvenzioni, in base al dizionario Treccani, si intendono gli aiuti economici, sotto forma di elargizione (o di anticipazione con particolari agevolazioni di restituzione), concessi a individui, enti e organizzazioni assistenziali e culturali, società commerciali, ecc., per assicurare lo svolgimento o il proseguimento della loro attività.
- Per contributi, sempre in base al dizionario Treccani, si intende ciò che si dà, quale propria personale offerta, per il raggiungimento di un fine al quale collaborano più persone.
A parere di chi scrive, rientrano in questo insieme tutte le erogazioni, anche quelle che non prevedono una specifica rendicontazione. - Per incarichi retribuiti possiamo intendere gli incarichi allo svolgimento di attività, anche in regime di convenzione o accreditamento, affidati ad enti senza finalità di lucro, sostenute o meno dagli enti pubblici.
- Tra i vantaggi economici di qualunque genere rientrano certamente tutte le agevolazioni, non solo in denaro, che, anche indirettamente, concorrono al sostegno dell’attività dell’ente.
Mi riferisco per esempio al frequente uso dei contratti di comodato che gli enti pubblici stipulano con gli enti non profit per dotarli di una sede operativa: in questo caso il vantaggio (per gli enti) è costituito dal risparmio del canone di locazione che si sarebbe dovuto sostenere se ci si fosse dovuti rivolgere al mercato immobiliare delle locazioni.
Sempre per rimanere in tema, lo stesso vale per le locazioni stipulate a prezzo vile rispetto al canone che il mercato chiede per un immobile di pari utilizzo.
Approfondendo l’esempio ora riportato, la domanda che sorge spontanea è: come fare a valutare una prestazione di servizi (tale è il contratto di locazione) che non ha alcuna indicazione del valore economico sottostante? La risposta è semplice e di facile applicazione anche se solo teorica: si deve indicare il valore equivalente di una locazione stipulata a valori di mercato. In altri termini, la misura del vantaggio è quella della ricchezza risparmiata, qualora si fosse reso necessario acquisire la locazione rivolgendosi al mercato.
Nella pratica, sono molti i casi pratici che scoraggiano l’adozione di questo metodo che nella pratica contabile è utilizzato da sempre.
Proprio nei rapporti tra le amministrazioni locali e il Terzo settore si va da immobili di proprietà dei Comuni ma mai accatastati (sic!) concessi in comodato, alla “melina” che l’ente utilizzatore si troverebbe di fronte un attimo dopo essersi rivolto all’ufficio patrimonio del Comune per poter ottenere la definizione del costo equivalente.
Ciò non deve scoraggiare gli operatori: l’utilizzo dei modi formali di richiesta (raccomandata o PEC) all’ente concedente dell’indicazione del costo equivalente pone l’ente utilizzatore in una posizione certamente difendibile nel caso di apertura di un contenzioso.
Nel caso prospettato (comodato di un immobile) l’ente concedente può chiedere la valutazione all’Agenzia del territorio che è l’amministrazione deputata a questo tipo di attività.
Fino a quando non giungerà la valutazione, l’ente avrà cura di indicare sul proprio sito internet (o, se impresa, nella nota integrativa) “in attesa di valutazione dell’ente concedente”.
E l'Irap ridotta per le Onlus?
La circolare del MLPS non prende in considerazione l'esenzione/riduzione Irap di cui le Onlus godono in talune regioni.
Si tratta in realtà di un'agevolazione fiscale generalizzata cioè rivolta a TUTTE le Onlus che operano in una determinata regione e non si tratta di un provvedimento ad personam. Dopo essermi consultato con alcuni colleghi, ritengo che lo spirito della legge sia quello di porre in evidenza quelle provvidenze dirette a taluni soggetti e non ad altri.
Cosa dovrebbero fare tutti gli enti, per esempio, che utilizzano la legge n. 398/91 o godono dell'esenzione dall'imposta di bollo?
Nelle note integrative dei bilanci meglio strutturati delle non profit spesso si trova un paragrafo in cui sono elencate le agevolazioni fiscali di cui ci si avvale e non credo sia necessario andare oltre.
Lo strano caso del 5 per mille
Appare del tutto errata la conclusione a cui giunge il Ministero allorquando indica la necessità di pubblicare i dati relativi ai fondi 5 per mille e questo per due ordini di motivi.
Il primo motivo fondamentale è che i fondi 5 per mille NON sono un contributo pubblico.
Questo principio è stato stabilito senza possibilità di appello dalla Corte Costituzionale con la propria sentenza 18/06/2007 n. 202.
Per l’esattezza si tratta di un’erogazione liberale che ogni contribuente persona fisica può effettuare a favore degli enti potenzialmente beneficiari, la cui esecuzione è demandata ad un terzo (l’Agenzia delle entrate) necessario, il quale interviene nel rapporto giuridico come soggetto esecutore di una volontà espressa dal contribuente-donatore.
La lettura che ne dà l’estensore delle circolare è perciò fuorviante.
Si deve altresì aggiungere che le disposizioni contenute nel comma 127 prevedono un criterio di materialità: non devono essere pubblicati i benefici cumulativamente ricevuti di importo inferiore a 10.000 euro nel periodo considerato. Questo per evitare l’accumularsi di informazioni non rilevanti.
Ebbene TUTTI gli enti beneficiari dei fondi 5 per mille, in base al d.lgs. 111/2017 sono già tenuti annualmente alla pubblicazione dei rendiconti relativi all’utilizzo dei fondi percepiti entro il tredicesimo mese successivo a quello dell'accreditamento della somma spettante.
Aggiungiamo infine che l’Agenzia delle entrate da sempre provvede alla pubblicazione degli elenchi dei beneficiari, degli importi assegnati e dei soggetti ai quali i fondi sono stati assegnati ma non erogati.
Allora perché ripubblicare per l’ennesima volta ciò che è già stato pubblicato non una, ma due volte?
Basta pubblicità. Per piacere.