Il quesito
Risposta di: Maria Cristina Dalbosco

Per quanto attiene alla prima parte del quesito, vale a dire la richiesta di“chiarimenti civilistici e fiscali per la costituzione di una associazione sportiva dilettantistica e di promozione sociale” rinviamo la gentile lettrice a consultare, per tutti, sia il Vademecum di Giuliano Sinibaldi (in particolare il Capitolo 8: Le procedure di costituzione di una Associazione Sportiva Dilettantistica, in Newsletter n. 2/2012), sia – più specificamente sulla procedura “burocratica” della costituzione di un’associazione – l’articolo Primi adempimenti nella costituzione di una a.s.d., in Newsletter n. 11/2015), con l’avvertenza che – lì dove si consideri la costituzione di una a.p.s.. – l’associazione, per ottenere le agevolazioni fiscali e godere della legislazione di favore previste per le a.p.s., dovrà affiliarsi a un ente nazionale riconosciuto dal Ministero o iscriversi nei registri speciali costituiti a livello regionale (per i riferimenti normativi si veda la l. 383/2000).
Quanto agli aspetti fiscali, le differenze di trattamento a seconda che si sia in presenza di una a.s.d. o di una a.p.s. possono essere considerate, per certi aspetti, marginali. Per ambedue trova infatti applicazione tanto l’art. 148 T.U.I.R. (c.d. decommercializzazione dei corrispettivi specifici), dettato per tutti gli enti di tipo associativo, quanto la possibilità di esercitare l’opzione per il regime agevolato di cui alla l. 398/1991 (c.d. forfetizzazione dell’IVA, possibilità nata per le a.s.d. ed estesa a tutte le associazioni senza scopo di lucro dalla l. 66/1992).
E veniamo alle differenze, la conoscenza delle quali può essere d’ausilio nella valutazione dei vantaggi dell’una e dell’altra.
Si consideri anzitutto che alle a.p.s. NON si applica la previsione di cui all'art. 149, c. 4, T.U.I.R. circa l'esimente relativa alla perdita della qualifica di ente non commerciale. Conseguentemente – al contrario delle sportive – qualora l'a.p.s., indipendentemente dalle previsioni statutarie, svolga attività commerciale prevalente nel corso del periodo di imposta, può, limitatamente a tale periodo, vedersi disconosciuta la natura di ente non commerciale con la conseguente impossibilità di fruire delle agevolazioni ex art. 148 T.U.I.R. e l. 398/1991.
Abbiamo accennato all’art. 148 T.U.I.R.: ebbene, per le a.p.s. riconosciute non tutte le presunzioni di commercialità trovano applicazione. Non si considerano commerciali infatti né la somministrazione di alimenti e bevande effettuata presso la sede in cui viene svolta l'attività istituzionale, né l'organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, “sempreché le predette attività siano strettamente complementari a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e siano effettuate nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3” (art. 148 T.U.I.R., comma 5), vale a dire nei confronti degli associati o dei familiari conviventi degli associati (come previsto dal comma 1 dell'articolo 20 della l. 383/2000).
Per contro un grande vantaggio in capo alle a.s.d. è rappresentato dalla possibilità dell’erogazione di compensi sportivi assoggettati a trattamenti fiscali di favore. Si noti che è questo forse il punto più delicato per l’ente che rivesta contemporaneamente la qualifica sia di a.s.d. che di a.p.s.: queste ultime infatti devono avvalersi prevalentemente di lavoro prestato in forma libera e gratuita dai propri associati, che solo in caso di particolare necessità può trasformarsi in prestazione retribuita.
In conclusione riteniamo che la decisione relativamente al “vestito” da indossare (a.s.d., a.p.s. o ambedue) debba muovere anzitutto dall’attenzione allo scopo perseguito dall’associazione e dalle modalità che si intendono seguire nel corso della vita della medesima. Non vi è dubbio, per altro, che lì dove l’a.s.d. acquisisca la qualifica di a.s.p. – e viceversa – sarà sempre necessario tenere presenti ambedue le normative di riferimento, che, se pur di poco come abbiamo visto, presentano comunque qualche elemento differenziante.