Il quesito
Risposta di: Barbara AGOSTINIS

La determinazione dei compensi agli istruttori è rimessa all’autonomia dell’associazione sportiva dilettantistica, nel rispetto della normativa vigente.
Quest’ultimo aspetto condiziona la scelta della modalità con cui devono essere retribuiti gli istruttori.
In particolare, possono essere erogati loro compensi sportivi di cui all’art. 67 (1° comma lett. m) T.U.I.R., al ricorrere delle condizioni ivi previste.
La disposizione citata enuncia espressamente che:
“Sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente: m) le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall’Unione Nazionale per l’Incremento delle Razze Equine (UNIRE), dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto. Tale disposizione si applica anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche“.
Al fine di applicare tale statuizione, dovrà verificarsi, tra l’altro, che gli istruttori percepiscano le somme nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche. Se, con riguardo all’attività svolta dagli istruttori, una simile precisazione potrebbe sembrare pleonastica, in realtà non lo è. Dovrà invero farsi attenzione al rispetto delle indicazioni fornite dal CONI, ovvero che l’istruttore insegni una delle discipline che l’ente esponenziale dello sport italiano ritiene essere (le uniche) sportive.
In caso contrario, è necessario utilizzare una delle modalità di retribuzione previste per il lavoratore “ordinario”, inquadrando l’istruttore come libero professionista piuttosto che come lavoratore subordinato.
Alle medesime conclusione deve pervenirsi qualora l’istruttore, seppure insegni una delle discipline ritenute sportive dal CONI, svolga la propria attività a titolo professionale.
Chiarita la situazione concreta, la determinazione dell’ammontare del compenso può essere liberamente stabilita dall’organo del sodalizio cui è attribuito un simile compito, verosimilmente il Consiglio Direttivo.
La determinazione del compenso può avvenire con riguardo a vari elementi, tra cui, sicuramente, anche l’esperienza nell’insegnamento. Non vi è invero alcuna disposizione normativa che colleghi l’aumento della retribuzione al ruolo ricoperto.
Seppure il quesito non sembri menzionare che l’istruttore, a cui sono erogate somme più elevate, sia anche socio, è doveroso non trascurare questa eventualità. Il rischio che la percezione di un compenso più elevato – da parte di un istruttore socio del sodalizio – rispetto ad altri istruttori – magari non soci – possa essere considerata come distribuzione indiretta di utili, deve indurre ad una particolare attenzione. La delibera dell’organo, come detto verosimilmente il Consiglio Direttivo, che decide di retribuire maggiormente un tecnico deve, pertanto, essere dettagliata e indicare in modo specifico i motivi di una simile scelta.