Il quesito
Risposta di: Giancarlo ROMITI

Regola generale
Ai sensi del 1° comma dell’articolo 4 del d.p.r. n. 633/72 per esercizio di impresa si intende lo svolgimento, professionale e abituale, delle attività commerciali di cui agli articoli 2135 e 2195 del Codice Civile. Ove invece vengano posti in essere sporadici atti, con un impegno economico non particolarmente importante, quest’ultimi sono da considerarsi operazioni occasionali irrilevanti ai fini tributari.
Esistono tuttavia controversi orientamenti da parte dell’Amministrazione Finanziaria. Per la RM 148/E del 25 maggio 2002 “l’abitualità può anche sussistere allorquando rare prestazioni annuali siano ripetute nel corso di anni successivi, tenuto conto anche della consistenza economica delle prestazioni stesse”. Apparentemente contrarie sono le RM n. 323543 del 19.10.1987 e n. 89 del 08.04.1995 in merito al trattamento Iva dei corrispettivi incassati dai gestori dei palchi in occasione del Palio di Siena e del Palio del Vecchio Mercato organizzato dal Comune di Montebelluna. Infatti, pur essendo prestazioni rese con carattere di regolarità, sistematicità e ripetitività, in tal ultimi due casi per l’A.F si è in presenza di “un’attività occasionale priva del requisito dell’abitualità che non fa assumere ai suddetti gestori la veste di soggetto passivo d’imposta in ordine all’organizzazione e alla gestione della citata manifestazione”.
A questo punto le valutazioni sull’occasionalità o meno delle operazioni poste in essere da un ente no profit vanno fatte caso per caso, sulla base delle singole situazioni di fatto riscontrabili ed in relazione alle modalità di svolgimento del soggetto che vi si dedica.
Da quanto esposto nel quesito parrebbe che si sia in presenza di un evento isolato e non venga per esso istituita una, anche minima, “struttura imprenditoriale”, quindi, pur con tutte le cautele del caso, l’apertura di una posizione IVA potrebbe non essere dovuta.
La cessione di beni nuovi
a) Il 1° comma dell’articolo 143 del Tuir, secondo periodo, specifica che per gli enti no profit “……non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell’articolo 2195 del codice civile rese in conformità alle finalità istituzionali dell’ente senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi”.
b) Il successivo comma 4 del 148 dispone tuttavia la commercialità per determinate operazioni tra cui “le cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita”.
E’ dunque evidente che quanto al sub a) riguarda le sole prestazioni di servizi mentre, come precisato dalla Direzione Regionale del Friuli Venezia Giulia a fine 2016, nella fattispecie di cui al sub b) siamo in presenza “sempre di attività commerciale e come tale assoggettata a tassazione” e ancora: “la vendita di attrezzatura sportiva da parte della ASD ai propri soci costituisce attività commerciale”.
Di conseguenza la mera cessione delle magliette è certamente attività commerciale; diverso è il caso in cui la cessione del bene è compresa nel costo della prestazione sportiva (p.es. la borsa o l’asciugamano compresi nell’abbonamento alla palestra), ma nella situazione prospettata nel quesito il valore della maglietta è rilevante rispetto al costo della partecipazione all’evento, quindi propenderemmo comunque, quantomeno per prudenza, per considerarla comunque operazione commmerciale.
Infine, la stessa DR citata sopra prosegue segnalando che “diverso è il caso in cui l’ASD acquisti su indicazione e richiesta dei soci – anticipando i soldi – le divise e si faccia da questi ultimi solo rimborsare, senza alcun ricarico (stessa modalità di funzionamento del GAS)”.
Non è questo il caso, ma si tratta di una opportunità che cogliamo l’occasione per segnalare.
Le quote corsi
Ai sensi del 1° comma dell’art 148 “Non è considerata commerciale l’attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non commerciali di tipo associativo. Inoltre viene previsto che “Le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non concorrono a formare il reddito complessivo. Trattasi in generale di denaro incassato con lo scopo di “coprire” le cosiddette spese di funzionamento.
Il successivo 2° comma specifica che, comunque, sono da considerarsi attività commerciali “…le cessioni di beni e le prestazioni effettuate agli associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto”.
Inoltre è successivamente previsto che le predette somme fanno parte del reddito d’impresa se di carattere abituale o, al contrario, sono componenti positivi occasionali “Detti corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo come componenti del reddito di impresa o come redditi diversi secondo che le relative operazioni abbiani carattere di abitualità o di occasionalità”.
Al 3° comma 1 il legislatore ha previsto che “Per le associazioni … sportive dilettantistiche… non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività… e dei tesserati …”.
Quindi, a parziale deroga di quanto al precedente comma 2, per alcuni enti, tra cui i sodalizi sportivi dilettantistici, opera la de-commercializzazione di specifiche attività svolte, a favore di determinati soggetti, in diretta attuazione degli scopi istituzionali. Condizione essenziale è, al fine di garantire l’effettività del rapporto associativo e la non lucratività, il rispetto delle clausole di cui al comma 8 del 148 del T.U.I.R., nonché la trasmissione telematica del modello EAS.
In conclusione, se sono rispettatti tali requisiti:
– la quota pagata da un socio o tesserato non è provento commerciale
– la quota pagata da altri soggetti è provento commerciale, da inquadrare come reddito diverso se l’associazione non ha partita IVA, come componente positiva del reddito di impresa se l’associazione ha partita IVA.
Partita Iva o solo codice fiscale?
Consideriamo ora dunque l’ipotesi in cui l’asd di cui al quesito ritenga di poter continuare a non considerarsi un soggetto passivo d’imposta e quindi titolare di solo codice fiscale.
Per il 1° comma dell’articolo 143 del T.U.I.R. “Il reddito complessivo degli enti non commerciali… è formato dai redditi fondiari, di capitali, di impresa e diversi… Per i medesimi enti non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell’articolo 2195 del codice civile rese in conformità alle finalità istituzionali dell’ente senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi”.
Fatta salva la casistica sopra esaminata dei GAS, le somme incassate per la vendita delle magliette e le quote di iscrizione alla manifestazione corrisposte da terzi (no soci/no tesserati) generano, ai sensi dell’art 67, comma 1, lettera i), un reddito diverso, derivante da attività commerciale non esercitata abitualmente. I proventi vanno indicati al rigo 14, colonna 1, del quadro RL del modello unico ENC, nella colonna 2 del medesimo rigo vanno indicate le relative spese, e la differenza fra tali due importi costituirà reddito imponibile.
Nell’ipotesi in cui, al contrario, l’associazione decida di aprire una posizione Iva, fattispecie assolutamente condivisa, anche per meri fini prudenziali, dallo scrivente, sarà possibile, ricorrendone i presupposti, optare per il regime di favore ex Legge 398/91, nonché avvalersi nel caso in esame della previsione di cui all’articolo 25, comma 2, della Legge 133/1999 2, agevolazione che, per quanto alla CM 18/E del 1° agosto 2018, rende i proventi non soggetti a Ires (restano invece soggetti all’Imposta sul valore aggiunto).
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1 Come specificato dall’Agenzia delle Entrate a Telefisco 2018 e al punto 5.2 della CM 18/E del 1° agosto 2018, il comma 3 del 148 del T.U.I.R. conserverà ancora, per ogni soggetto attualmente indicato, la propria efficacia sino al momento in cui non saranno in vigore le disposizioni di cui al Titolo X del Codice, ossia, per quanto al comma 2 dell’articolo 104 del D.Lgs 117/2017, dal periodo d’imposta successivo all’autorizzazione della Commissione Europea e comunque non prima del periodo d’imposta successivo a quello di operatività del registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS).
2 “Per le associazioni sportive dilettantistiche … che si avvalgono dell’opzione di cui all’articolo 1 della legge 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, non concorrono a formare il reddito imponibile, per un numero di eventi complessivamente non superiore a due per anno e per un importo non superiore al … i proventi realizzati dalle associazioni nello svolgimento di attivita’ commerciali connesse agli scopi istituzionali”