Il quesito
Risposta di: Biancamaria STIVANELLO

I comitati periferici degli enti di promozione sportiva possono avere maggiore o minore autonomia e una piena soggettività giuridica rispetto all’ente nazionale in base alle disposizioni statutarie dell’ente che si configura come associazione complessa (formata da altre associazioni e non da persone fisiche nella forma pura o da associazioni e persone fisiche nella forma mista). Le circostanze indicate dal lettore non consentono di stabilire il livello di indipendenza e autonomia del comitato regionale o provinciale – che presuppone una disamina dettagliata dello statuto dell’ente e del regolamento organico – tuttavia per valutare l’applicabilità della legge 398/91 e della disciplina del lavoro sportivo, il requisito dell’autonomia finanziaria e la titolarità di un distinto codice fiscale attribuito dall’anagrafe tributaria sono sufficienti per delineare il tema proposto.
L’EPS in questione, come specificato nel quesito, è anche “ente di promozione sociale” ovvero, si ritiene, associazione di promozione sociale di secondo livello costituita in deroga al principio di consistenza numerica a norma dell’art. 35 co. 4 d.lgs. 117/17: gli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI che associano un numero non inferiore a cinquecento associazioni di promozione sociale infatti non devono rispettare il rapporto richiesto in generale per le associazioni di promozione sociale che possono associare altri ETS a condizione che il loro numero non sia superiore al cinquanta per cento del numero delle APS.
Innanzitutto si dovrà quindi verificare se il comitato periferico abbia a sua volta la qualifica di APS e quindi risulti iscritto al RUNTS o sia in fase di trasmigrazione dal registro nazionale o regionale delle APS regolato dalla previgente l. 383/2000: si ritiene infatti che, soprattutto laddove ci sia soggettività giuridica in capo al comitato periferico/articolazione territoriale dell’ente, la qualifica di promozione sociale dell’EPS non si estenda automaticamente ai comitati ma richieda un distinto provvedimento di iscrizione al RUNTS.
Ciò premesso, proviamo a fare chiarezza sulla disciplina fiscale e del lavoro applicabile ai comitati, con gli eventuali distinguo a seconda che abbiano o meno assunto anche la qualifica di APS.
La disciplina del lavoro sportivo
Mentre nell’assetto anteriore alla riforma l’art. 67 co.1 lett.m) include espressamente tra i soggetti qualificati a erogare indennità, rimborsi forfettari e compensi sportivi dilettantistici, oltre alle associazioni e società sportive dilettantistiche, anche il CONI, le FSN, DSA e gli EPS, l’art. 25 del d.lgs. 36/21, nel definire la figura del lavoratore sportivo e la conseguente applicazione della disciplina speciale di riferimento (sia sotto il profilo contrattuale sia per il trattamento fiscale e previdenziale), non contiene alcun riferimento espresso al datore di lavoro o committente.
Di qui il legittimo dubbio sulla possibilità per gli organismi affilianti di applicare la nuova disciplina.
Al riguardo, si osserva che a differenza dell’art. 25, altre disposizioni del decreto di riforma enumerano espressamente federazioni ed enti di promozione sportiva tra i soggetti destinatari della normativa di settore:
- l’art.29 specifica che possono avvalersi di volontari nello svolgimento delle proprie attività istituzionali oltre alle a.s.d./s.s.d. anche le Federazioni Sportive Nazionali, le Discipline Sportive Associate e gli Enti di Promozione Sportiva, anche paralimpici, il CONI, il CIP e la società Sport e salute s.p.a;
- l’art. 36 sulla nuova disciplina dei premi da riconoscere ad atleti e tecnici, analogamente include tra i soggetti eroganti CONI, CIP, FSN, DSA, EPS, a.s.d./s.s.d.;
- l’art. 37 nel delineare le collaborazioni di carattere amministrativo-gestionale contempla tra i committenti qualificati accanto alle a.s.d./s.s.d. anche FSN/DSA ed EPS.
Come interpretare dunque il silenzio dell’art. 25 sul punto?
Si ritiene che la mancata elencazione di datori di lavoro o committenti che possano beneficiare delle prestazioni dei lavoratori sportivi sia in qualche modo superflua, dovendo ritenere implicitamente ricomprese sia le a.s.d./s.s.d. o gli ETS iscritti al RAS che gli organismi affilianti. Del resto non avrebbe senso riconoscere in favore di tali enti la possibilità di avvalersi di volontari sportivi, di erogare premi, di instaurare collaborazioni amministrativo gestionali “agevolate” e di non poter instaurare rapporti di lavoro con istruttori, tecnici, atleti o con le altre figure di lavoratore sportivo.
Ma soprattutto se ne trova piena conferma al comma 6-bis dell’art. 25 laddove dispone che il contratto individuale dell’arbitro (e figure assimilate) è stipulato dalla FSN/DSA o dall’EPS competente in relazione alla gara: se l’ente deve gestire il contratto con l’ufficiale di gara, potrà anche impiegare altri lavoratori sportivi.
La possibilità di instaurare rapporti di lavoro sportivo con le diverse figure di lavoratore sportivo si ritiene ammissibile anche nel caso in cui l’EPS o il suo comitato periferico, provinciale o regionale, siano iscritti al RUNTS e qualificati come APS.
Il decreto correttivo proprio allo scopo di armonizzare la riforma dello sport con quella del terzo settore, dopo aver esteso agli ETS che svolgono l’attività sportiva dilettantistica quale attività di interesse generale la possibilità di conseguire l’iscrizione la RAS (art. 6 co.1 c-bis) ha precisato che ai predetti enti si applicano le disposizioni del decreto limitatamente all’attività sportiva esercitata; analogamente l’art. 38 comma 1-ter specifica che agli ETS sportivi dilettantistici sono estese le disposizioni previste per a.s.d. e s.s.d. limitatamente all’attività sportiva dilettantistica esercitata. Per gli ETS sportivi dilettantistici e per le a.s.d./s.s.d. con doppia qualifica, il principio adottato è dunque quello della prevalenza delle norme che regolano le attività sportive dilettantistiche (limitatamente alle predette attività) tra le quali sono naturalmente comprese le disposizioni speciali su lavoro sportivo; principio che seppure codificato per i sodalizi di base si ritiene estensibile anche alle associazioni di secondo livello e nello specifico agli EPS e alle rispettive articolazioni territoriali, anche se sul punto sarebbe auspicabile un chiarimento interpretativo quanto meno a livello di prassi. Un precedente analogo si rinviene nell’interpello del Ministero del Lavoro n. 6/2016 che ha esteso a Coni, FSN, DSA ed EPS l’applicazione dell’art. 2 co. 2 lett. d) d.lgs. 81/15 sulle co.co.co. etero organizzate rese per fini istituzionali a favore di a.s.d./s.s.d.
Il regime della l. 398/91
In premesse si evidenzia che la qualifica di ETS determina l’attrazione al regime fiscale del terzo settore, con le varie declinazioni previste in relazione alla tipologia degli enti.
L’inquadramento tributario degli ETS è dunque assorbente rispetto alla disciplina riservata ai sodalizi sportivi, tanto che nel caso di enti con doppia qualifica, ad esempio a.s.d./a.p.s., s.s.d./impresa asociale o comunque ETS sportivi dilettantistici – ferma l’applicazione delle regole del d.lgs. 36/21 limitatamente alle attività sportive dilettantistiche – la normativa fiscale di riferimento è quella contenuta nel d.lgs. 117/17 o per quanto riguarda l’impresa sociale nel d.lgs. 112/17. In tal senso anche l’Agenzia delle Entrate con la Circolare 18/E del 2018 conferma che “le associazioni e le società sportive dilettantistiche senza fini di lucro potranno scegliere se conservare le agevolazioni fiscali ad esse specificamente riservate dalla vigente disciplina oppure, in alternativa, qualora intendano entrare a far parte degli enti del Terzo settore, fruire dei benefici fiscali previsti per tali enti del Terzo settore, in luogo del regime fiscale specifico riservato alle associazioni e società sportive dilettantistiche non lucrative.”
Come noto, il c.d. pacchetto fiscale della riforma del terzo settore – contenuto nel titolo X del d.lgs. 117/17 – è subordinato all’autorizzazione della Commissione Europea prevista dal Trattato di funzionamento dell’Unione per la verifica di compatibilità del regime di aiuti di Stato con il mercato interno e, come previsto dall’art. 104 co. 2 d.lgs. n.117/17, si applicherà a partire dall’anno di imposta successivo alla prescritta autorizzazione.
Quanto al regime di cui alla l. 398/91 si evidenzia che con l’entrata in vigore delle disposizioni fiscali del codice del terzo settore:
- viene disapplicato per gli ETS come previsto dall’art.89 d.lgs. 117/17 e quindi escluso per il comitato periferico APS così come per i sodalizi con doppia qualifica come ad esempio ASD/APS;
- non sarà comunque applicabile a federazioni ed enti di promozione sportiva o rispettive articolazioni territoriali, anche a prescindere dalla qualifica di APS dell’ente o del suo comitato periferico, per effetto dell’abrogazione dell’art. 9-bis d.l. 30/12/1991, n. 417, convertito in legge 6 febbraio 1992, n. 66, disposizione che aveva esteso il regime della l. 398/91 in generale alle associazioni senza fine di lucro e alle pro-loco.
Federazioni ed Enti di promozione sportiva infatti utilizzano il regime agevolato in quanto associazioni senza fini di lucro e pertanto con il venir meno della disposizione estensiva – a partire dall’anno di imposta successivo all’autorizzazione UE – non potranno più applicare la l. 398/91.
In definitiva, la qualifica di APS del comitato periferico dell’EPS non incide in ordine alla futura disapplicazione della l. 398/91, che rimarrà preclusa non solo per gli ETS ma anche per le associazioni in generale (nonché pro-loco, bande, cori e filodrammatiche) ancorché non iscritte al RUNTS e rimarrà applicabile invece alle sole a.s.d./s.s.d. (purché non iscritte al RUNTS).