Il quesito
Risposta di: Biancamaria STIVANELLO
Il recente interpello 189/22 dell’Agenzia delle Entrate – sul quale si veda in maniera approfondita S. Andreani, Dall’Agenzia delle Entrate due risposte sui compensi sportivi – rende attuale un’antica problematica legata all’inquadramento dei custodi di palestre e palazzetti e più in generale di coloro che svolgono mansioni operative ma preziosissime e indispensabili per la gestione del sodalizio sportivo e per la realizzazione delle attività sportive.
La possibilità di inquadrare tali collaboratori nel regime dei redditi diversi di cui all’art. 67 co.1 lett. m) è sempre apparsa in realtà una forzatura, estremamente critica, atteso che da un lato si tratta di mansioni che difficilmente possono rientrare nel concetto di esercizio diretto dell’attività sportiva dilettantistica – ancorché esteso all’assistenza – e dall’altro si caratterizzano per modalità di svolgimento riconducibili allo schema del rapporto di lavoro subordinato.
In tal senso dunque si ritiene che non rappresenti particolari elementi di novità la recente posizione dell’amministrazione finanziaria, soprattutto alla luce del recente orientamento della Corte di Cassazione che ha escluso categoricamente la possibilità di applicare l’esenzione contributiva per le prestazioni a carattere lavorativo degli addetti agli impianti, affermando per contro la natura esclusivamente ludica/volontaristica dei compensi sportivi agevolati (si v. La Cassazione frena sui compensi sportivi e “anticipa” la riforma).
Come inquadrare dunque il personale addetto alla custodia?
Premesso che le tipiche mansioni di regola comprendono l’apertura e la chiusura dell’impianto in orari prestabiliti dal gestore e la pulizia e la manutenzione delle aree interne ed esterne, andrà preliminarmente valutato se il rapporto da instaurare preveda, anche nel concreto, l’esercizio di un potere di controllo e direttivo da parte del sodalizio sportivo che determina inevitabilmente la qualificazione del rapporto come lavoro subordinato, a tempo determinato o indeterminato a seconda delle esigenze e delle circostanze.
Se invece, nel concreto, il rapporto con il custode, ancorchè vincolato a rispettare determinati orari, si caratterizzasse per l’autonomia della prestazione si potrebbe far ricorso alla collaborazione coordinata e continuativa.
Al riguardo si evidenzia che nel quadro normativo vigente, il legislatore del Jobs Act – sulla riforma delle tipologie contrattuali – pur affermando come principio generale la centralità del rapporto di lavoro subordinato, ha riconosciuto la peculiarità del settore sportivo dilettantistico e introdotto con l’art. 2 comma 2 lett. d) del d. lgs. n.81/15 la possibilità di stipulare valide collaborazioni etero organizzate – caratterizzate anche per l’inserimento del lavoratore nella struttura del committente e/o per il coordinamento sull’orario di lavoro – quando rese per fini istituzionali a favore di a.s.d./s.s.d. e ciò in deroga alla regola generale che invece comporta l’applicazione ex lege della disciplina del lavoro subordinato ad ogni ipotesi di co.co.co organizzata dal committente.
Tuttavia, la disposizione sarà abrogata a partire dal 1.1.2023 con l’entrata in vigore della riforma del lavoro sportivo di cui al d.lgs. n. 36/2021 che – operando una scelta diametralmente opposta rispetto al legislatore della riforma del lavoro – ha soppresso tale tipologia allontanandosi dagli obiettivi della delega che imponevano invece, tra gli altri, di considerare la peculiarità e la sostenibilità del settore sportivo.
Con l’avvento della riforma, l’inquadramento come collaborazione autonoma diventerà particolarmente circoscritto, rimanendo possibile individuare tale tipologia o con riferimento alle indicazioni dei CCNL stipulati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative o nei limiti della collaborazione coordinata e continuativa individuata dall’art. 409 n.3 c.p.c. e caratterizzata da un concetto di coordinamento di origine pattizia, dove le modalità di coordinamento devono essere stabilite di comune accordo tra le parti.
Facile a dirsi in teoria, difficile da attuarsi in pratica, con il rischio concreto di riqualificazione del rapporto in lavoro subordinato in caso di ispezioni e verifiche.
Si aggiunga inoltre che nel definire il lavoratore sportivo, la riforma si riferisce ad atleti, allenatori, istruttori, direttori tecnici, direttori sportivi, preparatori atletici e direttori di gara: si tratta di un elenco tassativo ma non esaustivo che comporta l’applicazione della disciplina del lavoro sportivo – incluso per talune tipologie del settore dilettantistico il trattamento fiscale e previdenziale agevolato rispetto al rapporto di lavoro comune – esclusivamente a tali figure. Per ogni altra prestazione lavorativa che pure si riferisca a mansioni funzionali e necessarie allo svolgimento dell’attività sportiva, rimane possibile soltanto l’inquadramento nelle forme ordinarie, salvo che gli attesi correttivi sul Decreto 36/21 apportino auspicabili modificazioni in tal senso.
In definitiva, per quanto sopra esposto e considerate le caratteristiche delle prestazioni rese dal custode, il corretto inquadramento delle prestazioni rese dal custode andrà nella maggior parte dei casi riferito alla tipologia del lavoro dipendente o, ricorrendone i presupposti, alle Prest0 disciplinate dall’art. 54bis del d.l. 50/17 che sono utilizzabili anche da a.s.d./s.s.d. nei limiti dimensionali (datori di lavoro con meno di 5 dipendenti) e nei limiti economici (tetto massimo complessivo di euro 5000 all’anno per il datore e tetto massimo di euro 2500 all’anno per singolo prestatore a favore del medesimo utilizzatore; retribuzione minima oraria di 9,00 euro e giornaliera di 36,00 euro).