Il quesito
Risposta di: Stefano ANDREANI
La questione è purtroppo ben nota a molte associazioni sottoposte a verifica, e questa notizia è sicuramente di rilievo (e di sollievo). Ma procediamo con ordine.
Sappiamo che, quantomeno finché non entrerà in vigore la riforma dello sport (nel testo ora esistente), la “sportività” di una associazione o società è attestata dall’iscrizione nel Registro CONI. Recita infatti il primo coma dell’art. 7 del d.l. 136/2004: “il CONI è unico organismo certificatore della effettiva attività sportiva svolta dalle società e dalle associazioni dilettantistiche“, e tale certificazione avviene, appunto, con l’iscrizione nel “Registro Nazionale delle Associazioni e Società Sportive dilettantistiche”, in sintesi, il c.d. Registro CONI.
Questa stessa iscrizione non viene però comunicata alla società o associazione, né le viene trasmessa alcuna certificazione; è onere della a.s.d./s.s.d. accedere al registro e prelevare il certificato che, come sappiamo, ha durata annuale; e fino a questa comunicazione ogni anno era possibile solo stampare la certificazione relativa a tale anno, e non quelle relative agli esercizi precedenti.
Di conseguenza in sede di verifica è spesso accaduto che:
- siccome l’esercizio che viene controllato non è (ovviamente) quello in corso, ma quello di due o tre anni prima, i verificatori chiedevano il certificato di iscrizione al Registro CONI relativo a tale esercizio passato
- se l’a.s.d./s.s.d. non aveva stampato il certificato in tale anno, non era più possibile stamparlo
- e i verificatori sostenevano che in assenza di tale certificato la qualifica di società o associazione sportiva dilettantistica non fosse adeguatamente provata.
Ora il CONI ha risolto il problema concedendo tale possibilità, quindi è ora possibile stampare i certificati relativi agli anni 2018 e 2019 (che in linea di principio sono quelli per i quali è ancora possibile la verifica fiscale).
Ma né il CONI ha ritenuto, né riteniamo noi, sufficiente fermarsi qui.
La seconda parte del comunicato fa infatti una precisazione assolutamente corretta e fondamentale; in essa si ricorda che, a norma del secondo comma dell’art. 7 citato qui sopra, “Il CONI trasmette annualmente al Ministero dell’economia e delle finanze – Agenzia delle entrate, l’elenco delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche riconosciute ai fini sportivi“, e sappiamo, e dovrebbero saperlo anche i verificatori fiscali, che l’art. 6, quarto comma, della legge 212/2000 (“Statuto del contribuente”) stabilisce che “Al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell’amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente“.
E allora, se il CONI, nel rispetto del citato art. 7, ha trasmesso ogni anno al Ministero delle Finanze e all’Agenzia delle Entrate l’elenco delle società e associazioni sportive, la richiesta di esibizione del certificato di iscrizione al registro CONI è banalmente illegittima, e non ne possono certo derivare, come è stato purtroppo spesso sostenuto, conseguenze negative per il soggetto verificato.
Il rispetto dello Statuto del Contribuente da parte dei verificatori avrebbe evitato serie preoccupazioni ai verificati, e non avrebbe costretto il CONI a modificare le modalità di accesso ai dati del Registro.