Il quesito
Risposta di: Stefano ANDREANI
Non ci pare del tutto chiaro se per “senza IVA” si intenda prestazione decommercializzata o esente; affrontiamo quindi entrambe le possibilità.
In primo luogo non sono applicabili né l’art. 148, III comma, né l’art. 143, I comma secondo periodo, del T.U.I.R., quindi si tratta di ricavi NON decommercializzati.
Infatti, per quanto riguarda la decommercializzazione ex art. 148, III comma, anche se entrambe le società siano affiliate alla medesima federazione o ente di promozione, e anche a voler considerare la concessione di spazi per esercitare la medesima attività sportiva fra sodalizi senza scopo di lucro – attività svolta in diretta attuazione dello scopo sociale (e sappiamo che la questione è tutt’altro che pacifica) – una società con quote trasferibili non rispetta i requisiti stabiliti dall’ottavo comma di tale articolo e di conseguenza non ha diritto all’agevolazione.
Per quanto riguarda l’art. 143, I comma secondo periodo (“non si considerano attivita’ commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell’articolo 2195 del codice civile rese in conformita’ alle finalita’ istituzionali dell’ente senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione“, qualora il prezzo praticato fosse il mero “ribaltamento” del costo pagato al Comune) non si possono considerare ricavi decommercializzati sia perché, come già scritto, non è pacifico che la concessione di spazi in questione sia prestazione “resa in conformita’ alle finalita’ istituzionali dell’ente“, sia soprattutto perché si tratta di una agevolazione dettata non per le associazioni sportive ma per tutti gli enti non commerciali pertanto per essa non si applica il richiamo stabilito dall’art. 90, I comma, della legge 289/2002 (“… le … disposizioni tributarie riguardanti le associazioni sportive dilettantistiche si applicano anche alle societa’ sportive dilettantistiche costituite in societa’ di capitali senza fine di lucro“), come ha recentemente (e condivisibilmente) stabilito la sentenza n. 29254/2023 della Corte di Cassazione.
Chiarito che si tratta di attività commerciale, va verificato se possa applicarsi l’art. 36-bis, I comma, del D.L. 75/2023: “Le prestazioni di servizi strettamente connessi con la pratica dello sport, compresi quelli didattici e formativi, rese nei confronti delle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica da parte di organismi senza fine di lucro, compresi gli enti sportivi dilettantistici di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36, sono esenti dall’imposta sul valore aggiunto“.
Anche qui la risposta è negativa, e anche qui per due motivi, il secondo dei quali molto probabilmente dirimente.
In primo luogo il dubbio è simile a quello già affrontato due volte qui sopra: la concessione dell’impianto è “prestazione di servizi strettamente connessa con la pratica dello sport“? Come già detto sopra, la questione non è certo pacifica.
Il secondo motivo risiede nella lettera della norma che stiamo esaminando, a norma della quale l’esonero spetta per “Le prestazioni di servizi … rese nei confronti delle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica“: ci pare abbastanza chiaro che si debba trattare di persone fisiche, escludendo quindi l’applicazione nel caso in esame.
Entrambe le strade portano alla medesima conclusione: si tratta di prestazioni commerciali, soggette a IVA.
A completamento della trattazione evidenziamo che l’esenzione IVA ai sensi però dell’art. 10, co.1, p.to 8 del Testo Unico IVA è ravvisabile solo in presenza di una locazione di immobili strumentali per natura con i codici catastali B,C,D,E, A/10. Si rinvia in proposito al recente contributo di Maurizio Mottola, Regime IVA del canone di locazione di impianto sportivo
In proposito e con specifico riferimento al caso del quesito qui in commento, riteniamo opportuno rilevare che con ogni probabilità (e comunque nella maggior parte dei casi analoghi a questo) la questione dell’applicabilità o meno dell’esenzione IVA ci pare secondario rispetto al problema sostanziale della effettiva possibilità di porre in essere tale operazione, non essendo di norma ammissibile la possibilità di dare in locazione un’immobile affidato in concessione dal Comune, dato che generalmente le convenzioni di affidamento contengono precise clausole che vietano la subconcessione anche nella formula locativa.