Il quesito
Risposta di: Maurizio MOTTOLA

Nel computo del plafond di cui al regime ex l. 398/1991 occorre considerare i ricavi/proventi al netto IVA. La quota parte di IVA (50%), esposta e addebitata in fattura ma non versata, infatti non costituisce ricavo/provento (ex art. 85, T.U.I.R.) e tantomeno sopravvenienza attiva (ex art. 88, T.U.I.R.).
Ai sensi degli artt. 1, co. 1 e 2, co. 5, l. 398/1991, ai fini del computo del plafond pari a euro 400 mila (così innalzato dalla Legge di Stabilità 2017, in vigore dal 01.01.2017), occorre considerare qualsiasi ricavo (al netto IVA) conseguito (ovvero incassato) dall’esercizio di attività commerciali (in generale), come illustrato nella Circolare del Ministero delle Finanze n. 1 del 11.02.1992 (avente ad oggetto le disposizioni tributarie introdotte dalla l. 398/1991) e come disposto dall’art. 9, co. 3, d.p.r. 544/1999 (in materia di imposte sugli intrattenimenti).
art. 1, co. 1, L. 398/1991: “Le associazioni sportive (e anche le società sportive-n.d.a.) e relative sezioni non aventi scopo di lucro, affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti ai sensi delle leggi vigenti, che svolgono attività sportive dilettantistiche e che nel periodo d’imposta precedente hanno conseguito dall’esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a euro 400 mila, possono optare per l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche e dell’imposta locale sui redditi secondo le disposizioni di cui all’articolo 2″.
art. 2, co. 5, L. 398/1991: “In deroga alle disposizioni contenute nel testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il reddito imponibile dei soggetti di cui all’articolo 1 è determinato applicando all’ammontare dei proventi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali il coefficiente di redditività del 3 per cento e aggiungendo le plusvalenze patrimoniali.”
art. 9, co. 3, DPR 544/1999: “I soggetti di cui all’articolo 25, comma 1, della legge 13 maggio 1999, n. 133, in luogo degli adempimenti previsti dall’articolo 2, comma 2, della legge 16 dicembre 1991, n. 398, devono conservare e numerare progressivamente le fatture di acquisto e annotare, anche con una unica registrazione, entro il giorno 15 del mese successivo, l’ammontare dei corrispettivi e di qualsiasi provento conseguiti nell’esercizio di attività commerciali, con riferimento al mese precedente, nel modello di cui al decreto del Ministro delle finanze 11 febbraio 1997, opportunamente integrato”.
Circolare del Ministero delle Finanze n. 1 del 11.02.1992: “…le associazioni (o le società sportive – n.d.a.), nel periodo d’imposta precedente, devono avere conseguito, dall’esercizio di attività commerciali, proventi per un importo non superiore a 100 milioni di lire (euro 400 mila – n.d.a.)…”.
Secondo la lettura testuale delle normative e del documento di prassi di cui sopra, nel calcolo del plafond devono essere quindi conteggiati tutti i ricavi di natura commerciale incassati, escludendo pertanto i ricavi fatturati ma non ancora incassati durante il corso dell’anno sociale adottato dal sodalizio sportivo (che potrebbe non coincidere con l’anno solare 01.01-31.12).
Tale lettura si scontra però con l’interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate attraverso la Circolare n. 18/E del 01.08.2018 che, invece, farebbe rientrare nel computo del plafond anche i ricavi fatturati ma non ancora riscossi al termine del periodo di imposta di riferimento:
“…stante la particolarità della disciplina introdotta dalla legge n. 398 del 1991, per l’individuazione dei proventi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali deve aversi riguardo al momento in cui è percepito il corrispettivo…”, “…si fa presente, tuttavia, che, qualora anteriormente alla percezione del corrispettivo sia emessa fattura, andranno in tale ipotesi computati anche gli introiti fatturati ancorché non riscossi…”
La Circolare in questione, tra l’altro, escluderebbe dal campo di applicazione del regime fiscale e contabile ex l. 398/1991 i proventi derivanti dall’esercizio di attività commerciali non strettamente “connesse” alle attività sportive dilettantistiche riconosciute dal CONI:
“…rientrano tra i proventi delle attività commerciali connesse con gli scopi istituzionali, ai fini dell’applicazione del regime forfetario di cui alla legge n. 398 del 1991, i proventi delle attività commerciali strutturalmente funzionali all’attività sportiva dilettantistica tra i quali, a titolo esemplificativo, possono annoverarsi i proventi derivanti dalla somministrazione di alimenti e bevande effettuata nel contesto dello svolgimento dell’attività sportiva dilettantistica, dalla vendita di materiali sportivi, di gadget pubblicitari, dalle sponsorizzazioni, dalle cene sociali, dalle lotterie, ecc…”,
“…l’attività connessa agli scopi istituzionali è quella che costituisce il naturale completamento degli scopi specifici e particolari che caratterizzano l’ente sportivo dilettantistico senza scopo di lucro…”,
“…sono da escludere, quindi, dalle attività connesse agli scopi istituzionali, le prestazioni relative, ad esempio, al bagno turco e all’idromassaggio in quanto dette prestazioni non si pongono direttamente come naturale completamento dell’attività sportiva, potendo le stesse, invece, essere rese anche separatamente e indipendentemente dall’esercizio di detta attività…”,
“…non sono ricompresi tra le attività connesse agli scopi istituzionali i corsi per attività sportive che non rientrano nell’ambito delle discipline sportive riconosciute dal CONI…”,
“…non rientrano parimenti tra le attività connesse con gli scopi istituzionali, quelle svolte con l’impiego di strutture e mezzi organizzati per fini di concorrenzialità sul mercato…”).
Le suddette interpretazioni della Circolare 18/E/2018 sono state ampiamente commentate e criticate su questa rivista, alle quali rinviamo.
Siamo pertanto di fronte a 2 opposte posizioni:
- ai fini del computo del plafond si considerano i ricavi fatturati e incassati e anche quelli fatturati anche se non ancora riscossi, derivanti dalle attività commerciali connesse agli scopi istituzionali – Agenzia delle Entrate (criterio della competenza e della connessione);
- ai fini del computo del plafond si considerano solo i ricavi incassati, derivanti da qualunque attività commerciale – Dottrina (criterio di cassa).
Rispetto alle due diverse interpretazioni, si pone l’ordinanza (non sentenza) della Corte di Cassazione n. 22440 del 15.7.2022 con la quale i Giudici della Suprema Corte hanno censurato le interpretazioni della Circolare 18/E/2018, affermando che “Ai fini del computo di tale plafond trova applicazione il criterio di cassa, con conseguente esclusione dei corrispettivi fatturati ma non ancora incassati“.
La questione resta purtroppo fortemente dibattuta e foriera di contestazioni in caso di verifica. Per cui non è possibile fornire una risposta e una soluzione univoca e certa. Pur non condividendo la posizione assunta dall’Agenzia delle Entrate (in diritto e in fatto), perché tale posizione non ha fondamento normativo (nella l. 398/1991 è scritto “proventi conseguiti” e non vi è traccia alcuna del concetto di “connessione”), non possiamo non suggerire di prestare la massima attenzione. In particolare si suggerisce di evitare la “fatturazione anticipata” di ricavi che saranno incassati l’anno successivo (prassi molto frequente). Si correrebbe infatti il rischio, in caso di controllo, che tali ricavi siano conteggiati ai fini del computo del plafond, con l’eventuale superamento del plafond e quindi la decadenza dal regime.