Il quesito
Risposta di: Barbara AGOSTINIS

La formulazione del quesito è oltremodo ampia e comprende vari argomenti, che è opportuno sintetizzare per chiarezza espositiva.
In particolare, viene chiesto di affrontare e risolvere la questione della collaborazione sportiva dei dipendenti pubblici – full time e part time – e la loro possibile retribuzione, nonché l’adeguatezza dei compensi destinati ai collaboratori sportivi, in generale.
Ovviamente tutte le tematiche indicate sono collegate al divieto di distribuzione indiretta di utili.
La problematica della collaborazione sportiva dei dipendenti pubblici è disciplinata dall’art. 90, comma 23, l. 289/02, che consente a tali soggetti di
prestare la propria attivita’, nell’ambito delle societa’ e associazioni sportive dilettantistiche, fuori dall’orario di lavoro, purche’ a titolo gratuito e fatti salvi gli obblighi di servizio, previa comunicazione all’amministrazione di appartenenza. Ai medesimi soggetti possono essere riconosciuti esclusivamente le indennita’ e i rimborsi di cui all’articolo 81, comma 1, lettera m), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
La disposizione citata non distingue fra dipendente pubblico full time e part time. L’unica differenza fra le due tipologie di impiego, pertanto, sarà relativa al tempo – necessariamente maggiore nel secondo caso – che concretamente il dipendente potrà dedicare alla collaborazione con il sodalizio sportivo senza pregiudizio per la propria attività lavorativa.
Elemento comune a entrambe le fattispecie è la necessità che la collaborazione sia resa a titolo gratuito, salva la possibilità di percepire indennità e rimborsi spese. Al fine di evitare spiacevoli contestazioni, è opportuno che nella lettera di conferimento di incarico (deliberata dall’organo statutariamente deputato a un simile compito) sia espressamente fatto riferimento all’erogazione di mere indennità e/o rimborsi, oltre che, ovviamente, alla gratuità dell’incarico e alla necessità che la collaborazione si svolga senza pregiudizi per la propria attività lavorativa.
In riferimento alle somme che possono essere erogate al collaboratore sportivo, non vi sono parametri precisi. La determinazione della congruità deve tenere necessariamente conto di alcuni riferimenti, quali il tipo di attività prestata e l’impegno profuso.
È oltremodo evidente, d’altra parte, che la somma percepita non deve essere talmente elevata da potere essere assunta come indice di professionalità con il rischio conseguente di comportare la riqualificazione del rapporto in termini di rapporto di lavoro.
La circostanza per cui il compenso sportivo sia corrisposto a un socio, anche amministratore, impone ulteriori cautele, tese a evitare la contestazione della distribuzione indiretta di utili.
In particolare, sarebbe opportuno che l’erogazione della somma al socio, il quale presta la propria attività presso la società sportiva, soprattutto nel caso in cui il medesimo sia anche amministratore del sodalizio, venga deliberata dall’organo statutariamente deputato a ciò (perlopiù il Consiglio direttivo, senza la presenza del socio interessato), con indicazione delle motivazioni che giustificano una simile statuizione.
La necessità di evitare possibili contestazioni di distribuzione indiretta di utili, vieta, del resto, di elargire somme agli amministratori per la mera carica ricoperta. La medesima esigenza non consente la restituzione della quota al socio che recede dal sodalizio.
Relativamente ai riferimenti normativi indicati dal lettore, sembrano invero potere essere utilizzati quali parametri per la determinazione dei compensi nell’ambito delle Onlus, non anche nel caso di sodalizi sportivi dilettantistici privi di un simile riconoscimento.