Il quesito
Risposta di: Barbara AGOSTINIS

La formulazione del quesito non sembra invero chiara; in particolare non si comprende il riferimento alla legge 91/81 con riguardo a un rapporto che, a detta della lettrice, è puramente dilettantistico e non presenta alcun elemento di professionalità.
Il contratto (o verosimilmente la lettera di incarico) stipulato fra l’associazione e l’istruttore dilettante non consente il richiamo alla Legge 23 marzo 1981, n. 91 “Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti“, volta, come chiaramente enunciato dall’epigrafe, a regolare i rapporti derivanti dal contratto concluso fra una società e uno sportivo professionista. Qualora realmente non sussistano indici di professionalità nella prestazione resa dall’istruttore non si comprende il richiamo alla citata normativa.
Per le medesime ragioni non sembra corretto il riferimento all’istituto del patto di non concorrenza di cui all’art. 2125 c.c.
La circostanza per cui quest’ultima disposizione disciplini il patto di non concorrenza nell’ambito di un’attività professionale (statuendo la nullità – al ricorrere di determinate condizioni – del “patto con cui si limita lo svolgimento dell’attività del prestatore di lavoro“), rende non corretta la menzione della citata statuizione nell’ambito di un conferimento di incarico sportivo dilettantistico, estraneo, necessariamente (ai sensi dell’art. 67 T.U.I.R.) al contesto lavorativo.
La previsione, nell’ambito di un contratto di collaborazione sportiva dilettantistica, di una clausola volta a limitare lo svolgimento di attività sportiva dilettantistica pare – peraltro – in contrasto con i principi fondamentali dell’intero movimento sportivo (dilettantistico e professionistico), considerato che “l’esercizio dell’attività sportiva, sia essa svolta in forma individuale o collettiva, sia in forma professionistica o dilettantistica, è libero” (art. 1 l. 91/81) e non può essere limitato senza alcuna valida giustificazione (si pensi, in tal caso, ad eventuali radiazioni o altri provvedimenti disciplinari emessi dalla giustizia sportiva).
Con riguardo allo svolgimento di attività sportiva dilettantistica, del resto, la previsione di una limitazione di tale attività sembrerebbe violare il diritto di libera circolazione delle persone, incostituzionale se circoscritto al territorio italiano, nullo per contrasto ai principi comunitari se esteso all’UE.
Alle stesse conclusioni pare doversi pervenire con riferimento allo svolgimento di attività sportiva professionistica. Se, da un lato, in materia sportiva il cd. patto di non concorrenza è stato espressamente vietato dal legislatore italiano (ai sensi dell’art. 4 della l. 91/81, secondo cui “il contratto non può contenere clausole di non concorrenza o, comunque, limitative della libertà professionale dello sportivo per il periodo successivo alla risoluzione del contratto stesso né può essere integrato, durante lo svolgimento del rapporto, con tali pattuizioni“), in deroga alla discipina codicistica, proprio in considerazione dell’importante funzione svolta dalla pratica sportiva e delle sue caratteristiche specifiche, dall’altro, la libera circolazione degli sportivi professionisti è stata espressamente enunciata dalla Corte di Giustizia Europea in seguito al cd. caso Bosman, richiamando il principio fondamentale della libera circolazione dei lavoratori in ambito comunitario.
Del resto, anche a volere richiamare – non si comprende sulla base di quale presupposto normativo – la previsione codicistica del patto di non concorrenza, la medesima sarebbe nulla (secondo quanto riferito dalla lettrice) perché in contrasto con la necessaria onerosità, non prevedendo alcun corrispettivo per la limitazione dell’attività lavorativa.