Il quesito
Risposta di: Maurizio MOTTOLA

La fattispecie descritta nel quesito è quella, frequente, di un sodalizio sportivo (costituito nella forma di società di capitali sportiva dilettantistica, in regime ex L. n. 398/1991) che ha allestito, presso la propria struttura sportiva, dei distributori automatici, per la somministrazione di alimenti e bevande a disposizione dei frequentatori.
La collocazione dei distributori, la relativa manutenzione e l'incasso dei corrispettivi competono al gestore del servizio il quale riconosce al sodalizio sportivo una somma per la messa a disposizione degli spazi.
Per rispondere al quesito dell'utente, possiamo affermare che, dal lato del sodalizio sportivo e nel caso di specie, si tratta senza dubbio di attività commerciale, indipendentemente dalla qualifica dei soggetti fruitori del servizio. Ne consegue che, a fronte delle "provvigioni" erogate dal gestore dei distributori, la società sportiva deve osservare le regole dettate dal regime adottato, ex L. n. 398/1991, in materia di fatturazione e imposizione fiscale ai fini delle imposte sul reddito e Iva, con conseguente assoggettamento ad Ires del 3% dei ricavi commerciali e versamento dell'iva sulle operazioni imponibili in misura del 50%.
Si ricorda, che nel caso di gestione diretta dei distributori da parte del sodalizio sportivo (ipotesi non ravvisabile nel caso in esame), sarebbero previste delle disposizioni particolari solo a favore delle "associazioni di promozione sociale" (a.p.s.) e alle associazioni a queste affiliate (tra cui ci potrebbero essere le associazioni sportive dilettantistiche – a.s.d.), ai sensi dell'art. 148, co. 5, T.U.I.R. e dell'art. 4, co. 6, d.p.r. 633/1972, oltre che dell'art. 20, co. 1, L. 383/2000. In base a tali disposizioni, per le a.p.s. e relative affiliate, la somministrazione di alimenti e bevande, nei confronti di soggetti qualificati e a determinate condizioni, non sarebbe considerata attività commerciale imponibile ai fini fiscali.
Il favor della "decommercializzazione" dei corrispettivi specifici, nei confronti di una società sportiva dilettantistica, è pertanto esclusivamente quello di cui all'art. 148, co. 3, T.U.I.R. (ai fini delle imposte sul reddito) e all'art. 4, co. 4, DPR n. 633/1972 (ai fini Iva), norme la cui applicazione (come quella della L. n. 398/1991) viene estesa anche alle società in esame dall' art. 90, co. 1, L. n. 289/2002, se rispettati i requisiti di cui al co. 18 dell'art. 90, L. n. 289/2002 (e, secondo l'Agenzia delle Entrate, anche quelli di cui all'art. 148, co. 8, T.U.I.R.) e se ottenuto il riconoscimento sportivo dilettantistico dal CONI. Si tratta dei corrispettivi versati da soggetti qualificati (come i "tesserati") per partecipare alle attività sportive organizzate in diretta attuazione delle finalità statutarie, come il classico esempio dei corsi a pagamento offerti presso la struttura sociale.
Per gli approfondimenti in materia, tra cui quelli relativi agli adempimenti di segnalazione di inizio attività presso il Comune territorialmente competente, si rinvia, oltre ai numerosi quesiti, anche ai contributi già apparsi su Fiscosport, in particolare all'articolo di P. Sideri, L'installazione di distributori automatici di alimenti e bevande, in Newsletter n. 6/2013, e all'approfondimento di P. Canta, La somministrazione di alimenti e bevande nei circoli – Parte prima, in Newsletter n. 6/2012, e Parte seconda, in Newsletter n. 7/2012.