Il quesito
Risposta di: Barbara AGOSTINIS
Il quesito della lettrice induce a riflettere sul tema del pagamento delle quote: associative e di frequenza, nonché sulle loro differenze.
Il pagamento della quota associativa, in quanto obbligo imposto ai singoli associati, dovrebbe essere regolato (presupposti, modalità, ecc..) nell’ambito dello Statuto dell’associazione che è, appunto, l’atto con cui si disciplina la vita interna dell’ente nei suoi svariati aspetti.
La quota associativa è una somma che deve essere versata dagli associati, sulla base degli obblighi statutari assunti, per la partecipazione al sodalizio, compone il patrimonio sociale e non può essere restituita al socio uscente (ex art. 24 c.c.). Il mancato pagamento di tale quota non determina – di per sè – il venir meno del rapporto associativo, che è a tempo indeterminato, salvo recesso o esclusione del socio; potrebbe, tuttavia, configurare, ove previsto nello statuto, una causa di esclusione del socio “moroso”.
Nell'ipotesi di prestito temporaneo dell’atleta (diverso sarebbe il caso di cessione a titolo definitivo del medesimo), permane il rapporto con il sodalizio di appartenenza, che giustifica la corresponsione della quota associativa annuale (entro il termine che dovrebbe essere previsto nello Statuto) da parte del socio.
La quota di frequenza, viceversa, rappresenta il corrispettivo per la fruizione delle attività e dei servizi erogati dall’associazione. Anche le modalità e i presupposti di pagamento di tale somma possono essere previsti nello statuto, ove si tratti di servizi erogati ai soci e/o ai tesserati, come – sembra di capire – avvenga nel caso di specie. A differenza della quota associativa, la cui durata è annuale, la quota di frequenza ha, perlopiù, una durata e un ammontare rapportati alla fruizione dei servizi e delle attività, considerata la natura di tale corrispettivo. È oltremodo evidente che, nel caso di cessione “a titolo temporaneo”, l'atleta deve corrispondere all’a.s.d. di appartenenza la quota di frequenza per il periodo in cui ha svolto effettivamente l'attività. Sarebbe, tuttavia, opportuno che simili regole fossero previste nello statuto, con esclusivo riguardo ai soci ed eventualmente ai tesserati, ove si tratti di figura contemplata e regolata nell’ambito di tale documento.
Le quote di cui sopra sono nettamente distinte e non devono essere confuse con il premio di indennità e preparazione che l’associazione “acquirente” versa alla cedente, come indennizzo per le energie spese, il tempo impiegato e le attività svolte per la formazione dell’atleta.
Considerato che la quota associativa deve essere corrisposta solo dal soggetto associato, mentre la quota di frequenza può essere versata sia dal socio che dal tesserato, è opportuno sottolineare, ancora una volta, in estrema sintesi, la differenza fra tali figure.
L'associato è interessato a fare parte del sodalizio perchè ne condivide gli scopi e si identifica con lo spirito dell'associazione; il vincolo che ne scaturisce, successivamente all'accoglimento della sua domanda di ammissione a socio, è – come detto – a tempo indeterminato, salvo recesso o esclusione. Lo status di socio (requisiti e modalità di ammissione; diritti e doveri, ecc…) deve essere disciplinato nell'ambito dello statuto, proprio in virtù del legame che si crea con il sodalizio.
Diversamente, il tesserato è il soggetto, anche non socio, che è interessato alla pratica sportiva e che, pertanto, deve compiere l'atto di tesseramento, funzionale e necessario allo svolgimento dell'attività sportiva. I due status possono coincidere (alcune Federazioni, ad esempio, impongono che tutti i propri soci siano anche tesserati), ma non necessariamente. Si pensi alla situazione in cui i genitori degli atleti minorenni sono soci senza essere (necessariamente) tesserati.