Il quesito
Risposta di: Stefano ANDREANI

Come abbiamo già scritto anche recentemente su questa Rivista, la questione può essere affrontata sulla scorta della Risoluzione 25/1/2007 n. 9, che ufficializza la risposta a un interpello nel quale si chiedeva:
1) se “l’amministratore della società sportiva dilettantistica, che sia anche socio”, possa percepire compensi per lo svolgimento dell’anzidetta carica sociale “senza che ciò configuri una forma indiretta di distribuzione di proventi dell’attività”,
2) se l’amministratore-socio della società sportiva “partecipante in maniera diretta all’attività sportiva dilettantistica dell’ente (in qualità di istruttore, atleta, allenatore, ecc.)” possa percepire i compensi di cui all’art. 67, comma 1, lett. m), del Testo Unico delle imposte sui redditi … senza che ciò configuri violazione del divieto di distribuzione, anche indiretta, dei proventi dell’attività sociale
3) se il canone eventualmente percepito dal socio amministratore della società sportiva dilettantistica per la concessione in locazione dell’impianto sportivo in favore della medesima società costituisca “una forma indiretta di distribuzione dei proventi dell’attività sociale”.
La risposta è positiva a tutte e tre le domande, a tre condizioni:
– che il compenso quale amministratore non superi il limite stabilito per i compensi agli amministratore delle ONLUS
– che il compenso come istruttore e il canone di locazione non siano superiori rispettivamente all’analogo compenso percepito dagli altri istruttori, soci o non soci, e il canone di locazione sia in linea col canone di mercato
– che il cumulo dei compensi in capo allo stesso socio non “eluda comunque, in concreto, il divieto di divisione dei proventi … tenuto conto dell’entità delle erogazioni complessivamente corrisposte al socio …. in relazione alle attività svolte dalla società e ai redditi percepiti dallo stesso ente“.
In sostanza la Risoluzione, affrontando il caso ancor più delicato che a prestare la propria opera non sia la moglie ma proprio il presidente dell’associazione, e che di prestazioni non ne fornisca una ma addirittura tre, afferma che non ci sono problemi se il compenso corrisposto è adeguato al lavoro svolto e non sia manifestamente sproporzionato al volume di lavoro dell’associazione.
Se sono rispettate tali condizioni, nel caso esposto nel quesito non vediamo problemi.