Il quesito
Risposta di: Stefano ANDREANI
Affrontiamo separatamente i vari elementi del quesito, perché ciascuno necessita di qualche precisazione.
In primo luogo, diamo per scontato che l’a.s.d. sia titolare di partita IVA (in caso contrario non può emettere fattura, e la questione è già chiusa) e abbia optato per il regime di cui alla Legge 398/1991 (sono ben poche le associazioni che, rispettandone i requisiti, non esercitano tale opzione). In caso contrario, la risposta deve ovviamente essere modificata.
Date tali premesse, a norma dell’art. 74, VI comma, del d.p.r. 633/72, l’associazione è tenuta a emettere fattura esclusivamente per le prestazioni di sponsorizzazione e le prestazioni pubblicitarie, quindi un obbligo di legge nel caso in esame non esiste.
Se, per venire incontro alle esigenze del genitore, essa decide di emettere fattura, può farlo (si tratta di un esonero, non di un divieto), e può farlo sia per attività commerciale che per attività non commerciale; nel caso in questione, se si tratta di quota annuale o comunque di corrispettivo per attività sportiva, e se sono rispettati i requisiti e gli adempimenti di legge, si tratta di un provento non commerciale, né soggetto a IVA né esente, ma fuori campo IVA ex art. 4 del d.p.r. 633/1972; tale è il titolo da indicare nella fattura.
Infine, deve essere attentamente valutato il rapporto con la “società terza”, perché se essa effettua un mero rimborso della spesa contro presentazione della fattura intestata al dipendente, siamo nel caso esaminato qui sopra, ma se, come spesso accade nella pratica (ma come non parrebbe il caso qui in esame), la società terza stipula un contratto con l’associazione sportiva, che vende a lei il servizio, e la società terza consegna al dipendente un voucher per poterlo utilizzare, allora la fattura sarà intestata alla società terza e quindi per l’a.s.d. sarà ricavo commerciale, e quindi da assoggettare a IVA del 22 per cento.