Il quesito
Risposta di: Patrizia SIDERI

Anzitutto il quesito proposto dal nostro gentile lettore:
Una a.s.d. che svolge attività nell’ambito delle gare automobilistiche non in regime 398, ha 450.000,00 euro di introiti nell’esercizio, di cui 410.000,00 derivanti da introiti commerciali (sponsorizzazioni) e 40.000,00 da introiti istituzionali (quote sociali ed erogazioni liberali). Nello stesso esercizio l’a.s.d. sostiene 420.000,00 euro di costi, così ripartiti:
- 300.000,00 per acquisto ricambi, gomme, manutenzioni auto, iscrizioni gare, noleggio piste per prove, carburanti e altre spese dovute alle trasferte per le gare e le prove;
- 100.000,00 per rimborsi sportivi,
- 20.000,00 per altri costi generali e amministrativi.
Secondo la normativa si dovrebbe tenere una contabilità separata dell’attività istituzionale da quella commerciale ai fini fiscali, per la determinazione dell’imponibile ai fini Iva e delle imposte sui redditi. Per quanto riguarda i costi promiscui il metodo di ripartizione indicato dall’Agenzia delle Entrate è quello di ripartire sia ai fini Iva che dell’imposte sui redditi i costi in base alla percentuale di incidenza dei ricavi commerciali sul totale degli introiti.
Tornando all’esempio proposto, la a.s.d. si trova ad avere un totale di Euro 400.000,00 di costi riferiti all’attività istituzionale (300.000+100.000) e 20.000,00 di costi promiscui, quindi ai fini dell’iva potrebbe detrarre solo quella relativa ai costi promiscui in pro quota; lo stesso ragionamento varrebbe per i costi deducibili ai fini dei redditi. Si troverebbe quindi un imponibile oltre 400.000,00 mila euro e dovrebbe versare l’iva quasi per intero.
L’agenzia delle Entrate (di Mantova) in fase di accertamento, ha ragionato in modo diverso e cioè sia ai fini dell’imposte sui redditi che ai fini Iva ha calcolato la proporzione tra gli introiti commerciali e quelli totali (410.000/450.000 pari al 91.11 % di incidenza degli introiti commerciali). La stessa proporzione l’ha usata per determinare i costi deducibili ai fini del reddito e per determinare l’iva detraibile. Quindi i costi deducibili risulterebbero 382.662 (420.000 x91,11%), potendo inoltre detrarre gran parte dell’Iva sulle fatture di acquisto, con un notevole beneficio fiscale rispetto al ragionamento da me proposto.
Si chiede se il metodo usato dall’Agenzia delle Entrate nell’accertamento sia corretto.
I criteri di deducibilità ai fini delle imposte sui redditi e IVA, in caso di svolgimento di attività commerciale, sono diversi.
Ai fini IRES, l’articolo 144, comma 4, T.U.I.R. prevede che le spese e gli altri componenti negativi relativi a beni e servizi adibiti promiscuamente all’esercizio di attività commerciali e di altre attività sono deducibili per la parte del loro importo che corrisponde al rapporto tra l’ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d’impresa e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.
Pertanto, ai fini IRES il criterio è il seguente:
- deducibilità totale dei costi afferenti all’attività commerciale (salvo specifiche indeducibilità oggettive)
- indeducibilità totale dei costi relativi all’attività istituzionale
- deducibilità parziale dei costi promiscui, in base al rapporto tra i ricavi commerciali e i ricavi totali
Ai fini IVA, l’art. 19 ter del d.p.r. 633/1972 dispone che – per gli acquisti promiscui – debba essere utilizzato non un criterio proporzionale, bensì di inerenza (“L’imposta relativa ai beni e ai servizi utilizzati promiscuamente nell’esercizio dell’attività commerciale e dell’attività principale è ammessa in detrazione per la parte imputabile all’esercizio dell’attività commerciale”).
Solo in via residuale sarà possibile utilizzare il medesimo criterio impiegato ai fini IRES.
Venendo al quesito posto dal lettore, si ritiene che quanto operato in sede di verifica non sia corretto.
È però doveroso constatare che – ove tale criterio sia favorevole al contribuente – potrebbe essere applicato invocando il “legittimo affidamento”, ove venisse successivamente disconosciuto in fase di una ulteriore eventuale verifica.
Il legittimo affidamento in ambito tributario è sancito dall’art. 10 dello Statuto del contribuente (l. 212/2000): non possono essere irrogate sanzioni o chiesti interessi moratori ai contribuenti che abbiano fatto legittimo affidamento sulle dichiarazioni o sulle decisioni del Fisco, ovvero quando il contribuente si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’Amministrazione Finanziaria.