Il quesito
Risposta di: Maurizio MOTTOLA

La fattispecie descritta nel quesito è piuttosto frequente nella vita di un sodalizio sportivo gestito attraverso la forma giuridica dell’associazione sportiva dilettantistica.
In generale, l’acquisto di prodotti nuovi (divise, cappellini, borracce, borse, eccetera) per la successiva rivendita, nei confronti di associati, tesserati o terzi, costituisce sempre esercizio di attività commerciale, intesa in senso stretto e quindi imponibile ai fini IRES, IRAP e IVA (art. 148, co. 4, T.U.I.R. e art. 4, co. 5, d.p.r. 633/1972).
Ciò, pertanto, rende necessaria l’attribuzione della partita IVA e il rispetto di tutti gli obblighi formali e sostanziali, di tipo contabile e fiscale, ordinariamente conseguenti, salvo l’applicazione, ove previsto, di regimi di favore come quello ex l. 398/1991 o art. 145, T.U.I.R.
A tale regola generale sono tuttavia applicabili alcune eccezioni previste dalla normativa sopra richiamata:
- attività esercitata in forma assolutamente marginale e occasionale rispetto all’attività istituzionale di promozione di discipline sportive dilettantistiche e riconosciute (marginalità e occasionalità da valutare in termini qualitativi e quantitativi);
- attività esercitata dal sodalizio sportivo in qualità di “gruppo di acquisto” senza magazzino e senza applicazione di margini sul prezzo di acquisto (in tale ipotesi l’a.s.d. riceve fattura dal commerciante e poi rivende ai propri associati/tesserati; in presenza di margine c’è attività commerciale; in assenza di margine invece no, almeno secondo quanto sostenuto dalla DRE Friuli, di parere opposto rispetto alla DRE Piemonte);
- attività esercitata in concomitanza di eventi sportivi (massimo 2 eventi per anno) e nel limite di proventi complessivi (per i 2 eventi cumulativamente) pari a euro 51.645,69, come previsto dall’art. 25, co. 2, l. 133/1999 – i proventi realizzati rimangono comunque imponibili ai fini IVA.
Da quanto descritto dal lettore nel testo del quesito, l’a.s.d. non procede all’acquisto dei beni, da destinare a magazzino, e poi alla successiva rivendita nei confronti dei genitori dei bambini frequentanti le attività sportive (didattiche) organizzate.
L’acquisto viene effettuato direttamente dai genitori presso il negozio (attraverso modalità remote) così come il ritiro materiale dei beni acquistati.
L’a.s.d. si limita a raccogliere gli incassi, che saranno poi presumibilmente girati al negoziante, senza applicazione di margine a favore del sodalizio sportivo (al massimo, si suppone, la convenzione prevede una “scontistica” particolare a favore dei frequentanti).
Ne consegue che entrambi gli incassi registrati dall’a.s.d., sia per la quota relativa alla frequenza alle attività didattiche che per quella relativa alla raccolta dei corrispettivi pattuiti per l’acquisto dei beni presso il negoziante, non siano rilevanti ai fini delle imposte sul reddito e ai fini IVA, premesso quanto sopra descritto.
Ne consegue altresì la mancanza di obbligo di emissione di ricevuta fiscale, fattura di vendita o scontrino fiscale, essendo sufficiente l’emissione di una ricevuta semplice (addirittura non strettamente necessaria in caso di versamento delle somme effettuato dai genitori mediante modalità tracciabili, come, ad esempio, bonifico bancario).
Sarà infatti il commerciante a dover “scontrinare” la vendita, limitandosi l’a.s.d. a gestire un movimento di denaro in nome e per conto di terzi.
La ricevuta semplice sarebbe utile ai semplici fini di interna contabilità amministrativa, procedendo ad emetterne due distinte, per la quota sportiva e per quella relativa al materiale sportivo, oppure emettendone una sola con la distinzione della quota sportiva da quella relativa ai beni acquistati dal negozio.
Per quanto riguarda poi, in modo specifico, la non imponibilità dei corrispettivi specifici per la frequenza alle attività sportive didattiche (corsi di avviamento allo sport, come la scuola calcio) è importante che siano, preliminarmente e di fatto, rispettati tutti i requisiti statutari (e non) previsti dalla normativa vigente (decommercializzazione specifica ex art. 148, co. 3, T.U.I.R. e art. 4, co. 4, d.p.r. 633/1972), ovvero:
- statuto conforme alla clausole ex art. 148, co. 8, T.U.I.R. e art. 90, co. 18, l. 289/2002;
- iscrizione dell’asd presso il Registro Coni ed effettiva promozione di attività sportive dilettantistiche riconosciute (attività agonistica, didattica e formativa);
- corrispettivi percepiti da soggetti qualificati (nel caso in questione dai genitori associati di bambini tesserati, ad esempio);
- trasmissione del modello EAS;
- rispetto, nella pratica, dei fondamentali principi di partecipazione democratica e di assenza di fini di lucro (tra gli altri).
In alternativa, l’a.s.d. potrebbe acquistare i prodotti di cui sopra e cederli gratuitamente in uso agli associati o tesserati, per la durata della stagione sportiva.
Al termine della stagione sportiva tali prodotti non sarebbero più “nuovi” e l’associato o tesserato potrebbe trattenerli dietro versamento di una somma di denaro.
Tale somma non rappresenterebbe un corrispettivo imponibile ai fini delle imposte sul reddito e IVA, trattandosi di beni usati.