In base al protocollo della FMSI per la ripresa dell’attività sportiva gli atleti dilettanti sono suddivisi in due gruppi (in base all’autodichiarazione attestante la presenza ovvero l’assenza di infezione da SARS-COV-2 e di rischi di contagio per gli altri per quanto di propria conoscenza);
1) Atleti COVID+ (positivi) accertati e guariti e atleti che abbiano avuto sintomi riferibili tra i quali, a titolo non esaustivo, temperatura corporea > 37,5 °C, tosse, astenia, dispnea, mialgie, diarrea, anosmia, ageusia;
2) Atleti COVID- (negativi) e atleti asintomatici nel periodo della pandemia.
Gli Atleti di cui al Gruppo 1 sono sottoposti allo stesso screening previsto per gli Atleti Professionisti COVID+ e sintomatici.
Sulla base delle indicazioni elaborate dalla FMSI, le singole Federazioni sportive nazionali stanno emanando dei protocolli attuativi, alcuni dei quali prevedono l’obbligo – per gli atleti agonisti e non agonisti del primo gruppo – di ripetere la visita di idoneità anche se teoricamente in corso di validità.
Il fatto che le singole Federazioni stiano predisponendo specifici protocolli, impone la verifica delle prescrizioni adottate dal proprio organismo affiliante.
Quale è il medico competente?
Il protocollo emanato dalla FMSI non specifica chi sia il medico competente a compiere lo screening, posto che si limita ad indicare gli esami che devono essere effettuati dagli atleti di cui al gruppo 1:
1. Test da sforzo massimale con valutazione polmonare (test cardio polmonare) e saturazione O2 a riposo, durante e dopo sforzo;
2. Ecocardiogramma color doppler;
3. ECG Holter 24hr. Inclusivo di una seduta di allenamento o di sforzo;
4. Esame Spirometria Completo (FVC, VC, MVV);
5. Esami ematochimici;
6. Radiologia polmonare: TAC per COVID+: consigliabile e a giudizio del medico responsabile sanitario;
7. Nulla osta infettivologico alla ripresa (per gli atleti COVID +).
Il documento elaborato dalla FMSI fa riferimento al responsabile sanitario, posto che i destinatari diretti della previsione sono gli atleti professionisti.
Con riguardo agli atleti dilettanti, è indicato che siano “sottoposti allo stesso screening previsto per gli Atleti Professionisti COVID+ e sintomatici”, senza specificare il medico competente. La circostanza per cui alcune Federazioni applichino simili disposizioni agli atleti agonisti, imponendo la ripetizione della visita di idoneità alla pratica sportiva agonistica, comporta che il riferimento è al medico sportivo (ove non sia previsto il medico sociale).
La figura sanitaria di riferimento è contemplata con riguardo al periodo individuale di ripresa (nei successivi 15 giorni) prima di iniziare gli allenamenti, che deve essere svolta “sotto l’attento controllo del Medico sociale o, in assenza, del Medico di Medicina Generale”.
In merito alla tutela sanitaria degli atleti non agonisti di cui al gruppo 1, sembra prevalere l’orientamento secondo cui il medico competente ex lege al rilascio della certificazione (medico sportivo; medico di base e pediatra per i propri assistiti), verificata l’effettiva guarigione dai documenti sanitari comprovanti la stessa, può prescrivere ulteriori accertamenti necessari a certificare l’idoneità alla pratica sportiva non agonistica.
È corretta la prassi – seguita da alcune associazioni sportive – di richiedere un certificato di ammissione alla collettività per potere riprendere gli allenamenti?
Tale prassi non pare assolutamente condivisibile né tantomeno corretta da un punto di vista giuridico.
Il medico infatti è in grado solo di certificare la completa guarigione di atleti COVID + (all’esito dei tamponi negativi), sulla base della documentazione idonea a comprovarla. In presenza di atleti asintomatici, non essendo in possesso di dati idonei a documentare la loro buona salute (potrebbe trattarsi di soggetti asintomatici, ma non per questo sani), si assumerebbe la responsabilità di attestare una situazione (l’idoneità dell’atleta alla ripresa dell’attività sportiva) di cui non è a conoscenza.
Non a caso, infatti, le linee guida impongono uno screening specifico funzionale alla ripresa dell’ attività sportiva solo agli atleti COVID + guariti e agli atleti sintomatici. Il presupposto di fatto (la positività e la presenza di sintomi potenzialmente riconducibili al COVID), d’altra parte, è dichiarato dall’interessato sotto la propria responsabilità.
La prassi – seguita da alcuni sodalizi sportivi – di ammettere agli allenamenti solo gli atleti in possesso della certificazione medica sopra citata oltre a non essere in linea con le indicazioni emanate dalla FMSI e con i principi generali in materia di certificazioni sanitarie, è in contrasto con le linee guida per la ripresa degli allenamenti degli sport di squadra e dell’attività motoria e di base (emanate in data 18 maggio 2020 e 19 maggio 2020 in attuazione dell’art. 1 lett. e e lett. f del DPCM 17/5/2020), nonché con i protocolli attuativi emanati dalle singole Federazioni sportive nazionali e dalle Discipline sportive associate, che impongono al gestore dell’impianto di acquisire una dichiarazione da ciascun atleta anche non tesserato (si veda, ex plurimis, il protocollo della FIN), in grado di attestare l’assenza di sintomi riconducibili al COVID ed il mancato contatto con persone positive negli ultimi 14 giorni.
L’osservanza delle linee guida e dei protocolli attuativi, del resto, è un dovere specifico per le asd e ssd affiliate, considerato l’obbligo per tali soggetti – espressamente indicato nello statuto – di uniformarsi alle norme emanate dall’organismo di riferimento
Che differenza fra autocertificazione sullo stato di salute e la dichiarazione COVID?
La prima, con cui un soggetto certifica il proprio stato di salute è nulla, considerata l’indisponibilità del bene salute.
Per lo stesso motivo sono nulle le clausole di esonero da responsabilità sottoscritte al momento della partecipazione ad una competizione o in occasione dell’iscrizione ad un corso sportivo.
La dichiarazione Covid, prevista dalle linee guida ministeriali e recepita dai protocolli attuativi federali, non è una autocertificazione sul proprio stato di salute, ma una dichiarazione avente ad oggetto fatti determinati, si pensi, tra l’altro, alla presenza di sintomatologia riconducibile al COVID, alla positività accertata, alla frequentazione di soggetti positivi.
Una simile dichiarazione, d’altra parte, consente al medico di venire a conoscenza di un presupposto di fatto necessario a comprendere l’iter da seguire (nel caso di atleti positivi e guariti, ad esempio, la ripresa deve essere graduale)
Come va conservata la documentazione sanitaria relativa al COVID?
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Le FAQ già pubblicate si trovano ai link seguenti:
Le FAQ di Fiscosport in materia di sicurezza degli impianti sportivi (pre-Covid e post-Covid)