1. Le fonti
La guida dell'Agenzia delle Entrate n. 1/2007 intitolata “Le agevolazioni fiscali a favore dell’attività sportiva dilettantistica” (per scaricarla cliccare qui) a pag. 29 contiene la seguente indicazione:
“LE EROGAZIONI DELLE SOCIETÀ ED ENTI
L’erogazione effettuata da società ed enti a favore delle associazioni sportive dilettantistiche è interamente deducibile fino all’importo di 200.000 euro l’anno.
La somma corrisposta è infatti considerata, per chi la eroga, una spesa di pubblicità e, come tale, deducibile nello stesso periodo d’imposta in cui è stata sostenuta o in quote costanti nell’esercizio di sostenimento della spesa e nei quattro successivi.
Inoltre, la stessa detrazione prevista per le persone fisiche (19 per cento su un importo massimo di 1.500 euro per periodo d’imposta) può essere fruita anche dalle società e dagli enti commerciali e non.
Riguardo alle modalità di versamento valgono le stesse regole previste per le persone fisiche (banca, posta, carte di credito)”.
La disposizione dalla quale deriva tale indicazione è evidentemente l'art. 90, co. 8, legge 289/02, il quale stabilisce che:
“Il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell'immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario, ai sensi dell'articolo 74, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”.
L'art. 74 (ora art. 108), II comma, del T.U.I.R., richiamato da tale disposizione, stabilisce che:
“Le spese di pubblicità e di propaganda sono deducibili nell'esercizio in cui sono state sostenute o in quote costanti nell'esercizio stesso e nei quattro successivi. Le spese di rappresentanza sono deducibili nel periodo d'imposta di sostenimento se rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse, del volume dei ricavi dell'attività caratteristica dell'impresa e dell'attività internazionale dell'impresa. Sono comunque deducibili le spese relative a beni distribuiti gratuitamente di valore unitario non superiore a euro 50”.
2. La ratio delle disposizioni di legge citate
La motivazione di quanto previsto dall'VIII comma dell’art. 90 è sempre stata individuata nella volontà di dirimere una volta per tutte la questione se le spese per pubblicità e sponsorizzazioni di società e associazioni sportive fossero da qualificare, in capo a chi le sostiene, come spese di pubblicità o di rappresentanza, tipologie che hanno (come stabilito dall’art. 74, ora 107, del T.U.I.R., qui sopra riportato) un diverso trattamento fiscale; trattamento che all’epoca dell’emanazione della Legge 289 era ancor più penalizzante per le spese di rappresentanza di quanto non lo sia nella formulazione attuale:
– le spese di pubblicità erano deducibili integralmente nell’esercizio in cui erano sostenute oppure, a scelta del contribuente, in tale esercizio e nei quattro successivi (come ora)
– le spese di rappresentanza erano deducibili solo per un terzo, e solo in cinque quote annuali (in sostanza, per un quindicesimo all’anno, per cinque anni
A norma dell’art. 19-bis.1, I comma, lettera “h”, poi, l’IVA è deducibile solo se si tratta di spese di pubblicità; non lo è per le spese di rappresentanza.
Tale radicalmente diverso trattamento fiscale, e l’obiettiva difficoltà di allocare le singole fattispecie concrete all’interno di una o dell’altra fattispecie astratta, avevano fatto sorgere contestazioni e contenziosi.
Sia per evitare il sorgere di nuove contestazioni, sia per dare un ulteriore sostegno allo sport dilettantistico, è stata quindi emanata la norma che stiamo esaminando, che prende una posizione estremamente chiara: qualsiasi corrispettivo, fino a 200.000 euro annui, è per presunzione di legge spesa pubblicitaria.
3. L’infelice formulazione della Guida per il Contribuente e le cautele da osservare
Il passaggio della Guida per il Contribuente che abbiamo citato ci pare però che stravolga pericolosamente il significato della norma, raccomandiamo quindi di non farne un’applicazione letterale, che potrebbe portare a conseguenze molto gravi.
Probabilmente per eccesso di semplificazione, nello spirito “divulgativo” che ne costituisce la ragione, la Guida infatti sintetizza la dizione “Il corrispettivo … in favore di … associazioni sportive dilettantistiche e … costituisce, per il soggetto erogante … spesa di pubblicità, volta alla promozione dell'immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario” nella locuzione “L’erogazione effettuata da società ed enti a favore delle associazioni sportive dilettantistiche è interamente deducibile. La somma corrisposta è infatti considerata, per chi la eroga, una spesa di pubblicità”.
Non si parla più di un “corrispettivo” dovuto per “la promozione dell’immagine o dei prodotti … mediante una specifica attività”, ma di una semplice “erogazione”: sembrerebbe quindi che anche una donazione, o comunque la semplice corresponsione di una somma, anche senza che l’associazione compia alcuna attività promo/pubblicitaria, sia deducibile dal reddito del soggetto erogante.
Ciò non è però, a nostro avviso, corretto; e non solo perché la norma dice qualcos’altro, ma perché sostenere che un’erogazione, senza che il beneficiario svolga alcuna attività a favore dell’erogante (nemmeno con una scritta sul pulmino “donato da ….”), non può in alcun modo influire sulle vendite dell’erogante (semplicemente perchè nessuno lo sa, che è l’erogante!) e quindi non può certo essere qualificata, nemmeno ex lege, come spesa pubblicitaria.
Raccomandiamo quindi di non “prendere alla lettera” ciò che è stato scritto nella Guida, ma di seguire con precisione ciò che richiede la legge:
– che si tratti di un “corrispettivo” e quindi del pagamento per un servizio promozionale/pubblicitario del beneficiario e non di una semplice donazione senza contropartita
– che a esso corrisponda una “specifica attività del beneficiario”, che per chiarezza e prudenza consigliamo sempre di definire per iscritto.
C’è poi il problema dell’inerenza e congruenza del costo per il soggetto erogante, ma di questo si parla in un altro articolo in questa newsletter …