Nel corso dei mesi di marzo e aprile anche la segreteria di Fiscosport si è trovata a fare i conti con l'obbligo della "Comunicazione delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi rese e ricevute nel 2013", (o, come è più conosciuto, con il c.d. Spesometro). E come per la maggior parte dei soggetti passivi IVA tenuti a questo adempimento, ci si è resi conto che alcune schede mancavano dei dati essenziali richiesti dalla normativa, vale a dire della "partita IVA o, in mancanza, il codice fiscale del cessionario o committente".
Nessun problema – ci si è detti: laddove il sodalizio sportivo o il professionista abbonati a Fiscosport abbiano un sito web, i dati saranno facilmente recuperati…
Con nostro stupore ci siamo invece resi conto che l'omissione della pubblicazione della Partita Iva è una lacuna frequentissima, tale da indurci – anche tenuto conto delle sanzioni in cui si incorre – a fare il punto della normativa in materia. Che non riguarda solo i siti web…
1. Gli obblighi per i titolari di Partita IVA
L'art. 35 del d.p.r. n. 633 del 1972, così come modificato dall’art.2, del d.p.r. 5 ottobre 2001, n.404 stabilisce infatti che
L'ufficio attribuisce al contribuente un numero di partita I.V.A. che resterà invariato anche nelle ipotesi di variazioni di domicilio fiscale fino al momento della cessazione dell’attività e che deve essere indicato nelle dichiarazioni, nella home-page dell'eventuale sito web e in ogni altro documento ove richiesto.
Il tenore della norma è chiarissimo. E se non bastasse, cinque anni dopo la modifica introdotta nel 2001 è intervenuta la Risoluzione dell'Agenzia delle Entrate n. 60 del 6 maggio 2006 (v. allegato) che ribadisce quanto sopra, specificando che "L'obbligo di indicazione del numero di partita Iva nel sito web rileva per tutti i soggetti passivi Iva, a prescindere dalle concrete modalità di esercizio dell’attività. Di conseguenza, quando un soggetto Iva dispone di un sito web relativo all’attività esercitata, quand'anche utilizzato solamente per scopi pubblicitari, lo stesso è tenuto ad indicare il numero di partita Iva, come chiaramente disposto dall'articolo 35, comma 1". L'affermazione intende sottolineare che l'obbligo sussiste anche quando non si esercita una vera e propria attività di e-commerce, e il sito web ha solo una funzione di "vetrina" per farsi conoscere per il tramite di internet.
Fin qui gli adempimenti obbligatori in capo, genericamente, a tutti i titolari di Partita Iva (leggermente diversi da quelli gravanti sulle società, per le quali, come vediamo più avanti, l'obbligo vige non solo per il sito Internet ma anche "per ogni altro spazio elettronico").
2. Gli obblighi per le società
Se poi il soggetto in questione è una società iscritta nel registro delle imprese, si dovrà osservare il testo dell'art. 2250 c.c., così come risulta a seguito delle modifiche introdotte dall'art. 42 della l. n. 88 del 2009:
art. 2250. Indicazione negli atti e nella corrispondenza.
Negli atti e nella corrispondenza delle società soggette all'obbligo dell'iscrizione nel registro delle imprese devono essere indicati la sede della società e l'ufficio del registro delle imprese presso il quale questa è iscritta e il numero d'iscrizione.
Il capitale delle società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata deve essere negli atti e nella corrispondenza indicato secondo la somma effettivamente versata e quale risulta esistente dall'ultimo bilancio.
Dopo lo scioglimento delle società previste dal primo comma deve essere espressamente indicato negli atti e nella corrispondenza che la società è in liquidazione.
Negli atti e nella corrispondenza delle società per azioni e a responsabilità limitata deve essere indicato se queste hanno un unico socio.
Gli atti delle società costituite secondo uno dei tipi regolati nei capi V, VI e VII del presente titolo, per i quali è obbligatoria l’iscrizione o il deposito, possono essere altresì pubblicati in apposita sezione del registro delle imprese in altra lingua ufficiale delle Comunità europee, con traduzione giurata di un esperto.
In caso di discordanza con gli atti pubblicati in lingua italiana, quelli pubblicati in altra lingua ai sensi del quinto comma non possono essere opposti ai terzi, ma questi possono avvalersene, salvo che la società dimostri che essi erano a conoscenza della loro versione in lingua italiana.
Le società di cui al quinto comma che dispongono di uno spazio elettronico destinato alla comunicazione collegato ad una rete telematica ad accesso pubblico forniscono, attraverso tale mezzo, tutte le informazioni di cui al primo, secondo, terzo e quarto comma.
La norma, oltre a richiedere l'indicazione del codice fiscale e della partita IVA, impone la pubblicazione di
- ragione sociale e sede legale
- l'ufficio del registro delle imprese ove è iscritta e il numero di iscrizione
- posta elettronica certificata
- eventuale stato di liquidazione della società a seguito dello scioglimento
- il capitale effettivamente versato e quale risulta esistente dall'ultimo bilancio (per le società di capitali)
- lo stato di società con unico socio (per le s.p.a e le s.r.l. "unipersonali")
non solo in tutti gli atti e nella corrispondenza (quindi contratti, bilanci, lettere, fatture emesse, fax, e-mail…) ma anche negli spazi elettronici destinati alla comunicazione: e dunque tutti i siti internet, non solo il proprio ma anche, p.es. le pagine dei social network quali, per citare i più noti, Facebook e Twitter.
3. Le sanzioni
Non ottemperare agli obblighi di comunicazione previsti dall'appena citato art. 2250 c.c. comporta una sanzione pecuniaria che va da 103 a 1.032 euro: lo prescrive l'art. 2630 del codice civile.
Più delicato il discorso relativo alla mancata osservanza dell'obbligo imposto dall'art. 35 del d.p.r. n. 633/72: il d.p.r. n. 472 del 1997 prevede infatti una sanzione amministrativa da 258,23 a 2.065,83 euro quando vi sia violazione degli obblighi di comunicazione; e tuttavia nello stesso decreto, tra le cause di non imputabilità (art. 6) è previsto che non siano punibili "le violazioni che non arrecano pregiudizio all'esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell'imposta e sul versamento del tributo": si tratta delle c.d. "violazioni meramente formali".
Ma siamo sicuri che sia applicabile nel caso in esame? Se l'indicazione è richiesta, lo è per motivi di controllo, e allora non ci pare agevole sostenere che ometterla "non arrechi pregiudizio all'esercizio delle azioni di controllo"; e comunque, non val certo la pena aprire un contezioso se la sanzione viene irrogata: molto più semplice, ci pare, inserire la propria partita IVA in un angolo qualsiasi della home page del proprio sito ….