Le indicazioni della Delibera, avente ad oggetto “Registro Nazionale delle Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche – Elenco delle discipline sportive ammissibili” e allegata al presente articolo, vanno lette congiuntamente a quelle offerte dal neo-costituito Ispettorato Nazionale del Lavoro il quale, con la circolare n. 1/2016 del 01/12/2016 (cfr. Prime osservazioni sulla Circolare dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, in Newsletter n. 21/2016) aveva, in sintesi, statuito che, in materia di compensi sportivi dilettantistici ex art. 67, c. 1, Lett. m) T.U.I.R., al fine di poter corrispondere tali compensi (“quelli dei 7.500 euro”, per intenderci) è necessario “che il soggetto percettore svolga mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti e delle indicazioni fornite dalle singole federazioni, tra quelle necessarie per lo svolgimento delle attività sportivo-dilettantistiche, così come regolamentate dalle singole federazioni“.
In attesa di probabili, e auspicabili, chiarimenti, nonché di una implementazione della delibera nel senso di una più chiara definizione e un ampliamento delle discipline sportive riconosciute, richiesta da più parti, e in particolare dagli Enti di Promozione Sportiva [1], cercheremo, con le presenti note, di offrire ai nostri lettori un quadro interpretativo della situazione che si è venuta a creare, e di dare, come sempre, indicazioni operative in merito alle azioni da intraprendere in riferimento alle nuove disposizioni.
1. La delibera CONI
Per comprendere la finalità della delibera – in verità molto stringata quanto al contenuto – è necessario porre attenzione alle premesse e al tenore letterale di alcuni termini:
dopo avere richiamato e condiviso la delibera della Giunta Nazionale assunta il giorno stesso, il Consiglio Nazionale evidenzia che il CONI “debba adottare ogni misura tesa alla corretta individuazione dei soggetti che, riconosciuti ai fini sportivi, usufruiscono di trattamenti fiscali e previdenziali agevolati, e per eliminare fenomeni di elusione, purtroppo emersi in fase di verifiche successive”
Fatte queste premesse, il C.N. delibera (il grassetto è nostro):
a) Che l’iscrizione al Registro delle associazioni e società sportive dilettantistiche – che vale il riconoscimento ai fini sportivi del CONI – sia conseguita esclusivamente con riferimento alla pratica delle discipline sportive di cui all’allegato elenco;
b) Di fissare al 1° marzo 2017 il termine ultimo per tutti gli adeguamenti informatici necessari agli organismi sportivi per la trasmissione dei dati nonché per le attività di bonifica conseguenti alla presente deliberazione, sulle attuali iscrizioni al Registro, dando mandato al Segretario Generale di definire ed emanare i dettagli attuativi nonché di cancellare le iscrizioni non supportate dallo svolgimento delle discipline sportive in elenco.
2. Le finalità della delibera
Considerato l’incipit della delibera, la finalità della stessa appare evidente: l’esigenza non è tanto, o comunque non solo, di natura “sportiva”, quanto piuttosto, e soprattutto, di natura tributaria, rappresentando, evidentemente, il frutto di una serie di incontri e tavoli tecnici instaurati con l’Agenzia delle Entrate.
Giova ricordare, a tal fine, che, ai sensi dell’art. 7 del D.L. 28/05/2004, n. 136 [2]
a) il CONI è “l’unico organismo certificatore della effettiva attività sportiva svolta dalle società e dalle associazioni dilettantistiche”,
b) “le disposizioni di cui ai commi 1, 3, 5, 7, 8, 9, 10, 11 e 12 dell’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, (in pratica, quasi tutte le agevolazioni fiscali in materia di sport dilettantistico) [3] si applicano alle società ed alle associazioni sportive dilettantistiche che sono in possesso del riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI, quale garante dell’unicità dell’ordinamento sportivo nazionale …”,
c) infine, per evidenti motivi di controllo, “Il CONI trasmette annualmente al Ministero dell’economia e delle finanze – Agenzia delle entrate, l’elenco delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche riconosciute ai fini sportivi.”
Ora, come noto, l’Agenzia delle Entrate, la SIAE, la Guardia di Finanzia, le Direzioni Provinciali del Lavoro e, in passato, l’ENPALS, hanno operato numerosissime verifiche sia a livello tributario che giuslavoristico, dalle quali, a prescindere da valutazioni a volte (spesso) criticabili e contraddittorie da parte degli organi di vigilanza, e dalle sentenze ondivaghe delle Commissioni Tributarie e dei tribunali del Lavoro, è comunque emerso, sovente, un utilizzo “improprio”, quando non fraudolento dello “schermo sportivo dilettantistico”, finalizzato esclusivamente alla fruizioni delle importanti agevolazioni di settore da parte di soggetti con esclusive finalità commerciali.
Attenzione: abbiamo usato volutamente la dizione di “schermo sportivo dilettantistico” e non di “schermo associativo” – violazione altrettanto spesso oggetto di contestazione in sede di verifica – in quanto, laddove a cadere sotto la lente dei verificatori fosse non già lo svolgimento dell’attività sportiva dilettantistica ma l’utilizzo di una falsa veste associativa senza scopo di lucro (stiamo quindi parlando solo di associazioni, e non anche di società o cooperative sportive), gli effetti della delibera sarebbero ininfluenti: se, infatti, la contestazione inerisse allo svolgimento dell’attività con finalità lucrative nei confronti di “clienti” (e non di soci e/o tesserati), tale attività risulterebbe assoggettabile all’ordinario regime tributario e previdenziale previsto per i redditi di impresa anche qualora avesse ad oggetto attività sportive “riconosciute”.
L’ostacolo (di non facile superamento) che l’Agenzia Entrate si è spesso trovata di fronte è infatti il “riconoscimento sportivo dilettantistico” operato dal CONI anche nei confronti di sodalizi che praticavano/praticano attività che si pongono al confine tra lo sport e i servizi alla persona.
Chi si occupa di fiscalità dello sport, e in particolare di contenzioso, sa bene che nel caso di verifiche su impianti sportivi, il p.v.c. contiene spesso una contestazione di questo tipo [4]: “l’attività della società/associazione è incentrata in modo quasi esclusivo sulla pratica del fitness, che, nell’ambito della palestra sottoposta a controllo, si concretizza in una disciplina individualistica il cui obiettivo principale è il benessere fisico del singolo e non la promozione dello sport. La associazione, infatti non organizza gruppi per la partecipazione a gare, campionati, concorsi o altre manifestazioni di carattere sportivo, ma si limita a fornire servizi individualizzati per la soddisfazione di bisogni individuali”.
In tali casi, il riconoscimento sportivo del sodalizio, operato dal CONI quale unico organismo certificatore della effettiva attività sportiva si è rivelato spesso, in sede contenziosa, un ostacolo insuperabile (o superabile con grande difficoltà) da parte dell’Agenzia delle Entrate..
Il problema a monte è (era) rappresentato dall’assenza, nell’ordinamento giuridico italiano, dell’individuazione e della definizione di “attività sportiva” e, in particolare, di “attività sportiva dilettantistica”, che si ricava per esclusione: essendo infatti normata (dalla L. 91/1981) l’attività sportiva professionistica, la definizione di dilettantismo di ricava:
a) per differenza (è sport dilettantistico tutto ciò che non è qualificato professionistico dalla legge speciale di riferimento);
b) attraverso l’iscrizione del sodalizio nel “Registro CONI”.
Di qui l’esigenza di bonificare il Registro dalle iscrizioni “improprie”, di individuare le discipline sportive che, sole (esclusivamente) danno diritto all’iscrizione al Registro e di cancellare le iscrizioni non supportate dallo svolgimento delle discipline sportive in elenco.
3. L’elenco delle discipline sportive “riconosciute” e l’individuazione delle discipline escluse.
Si arriva dunque alla definizione di un elenco delle discipline sportive “riconosciute” dal CONI e utilizzabili per l’iscrizione al Registro (vedi allegato).
Pur continuando a non dare una definizione generalizzata di cosa possa essere definito “sport”, il CONI individua 396 attività sportive, che costituiscono le (sole) discipline che, fino a eventuale revisione dell’elenco da operarsi a mezzo delibera del Consiglio Nazionale, danno diritto all’iscrizione al Registro e, dunque, al riconoscimento sportivo dilettantistico e conseguente possibilità di fruizione delle agevolazioni tributarie e previdenziali previste per il settore.
E qui cominciano i problemi: le 396 discipline sportive indicate in elenco sono relative (o comunque derivano, o sembrerebbero derivare) alle attività considerate sportive da CIO, SportAccord (quindi dalle Federazioni Sportive Internazionali), F.S.N. e D.S.A.
Si tratta dunque di attività sportive di matrice in qualche modo agonistica o comunque legate al mondo agonistico, anche se possono, ovviamente, essere esercitate anche a livello non agonistico/amatoriale.
Ciò in quanto, parrebbe, non sarebbero state prese in considerazione le istanze degli E.P.S., come evidenziato dallo CSEN in un comunicato a firma del Presidente Nazione Prof. Proietti il quale, anche in qualità di coordinatore nazionale degli E.P.S., anticipa la formazione di un “tavolo di concertazione per l’inserimento di quelle discipline tipiche degli enti che non hanno carattere agonistico”.
Non sono dunque escluse ulteriori novità e/o implementazioni dell’elenco, all’esito delle quali Fiscosport terrà costantemente aggiornati i propri lettori.
Al momento, non si può non evidenziare che dall’elenco appaiono escluse discipline di notevole diffusione:
a titolo di esempio, e senza la pretesa di operare una elencazione esaustiva, non compaiono nell’elenco attività molte delle quali fanno parte (al momento) delle discipline sportive nel menù a tendina del programma in uso agli Enti di promozione sportiva per l’iscrizione diretta al Registro CONI delle loro affiliate, quali:
– yoga (oltre a feldenkrais, shiatsu e, in generale, tutte le attività “olistiche” sulla cui “sportività” in realtà già esisteva più di un dubbio);
– alcune attività che potremmo in qualche modo definire di “fitness moderno”, quali, ad es. crossfit, TRX, pilates, zumbafitness e altre;
– alcune attività acquatiche e di “fitness in acqua” quali attività per gestanti e neonati, idro-bike, flat, rulli in acqua etc.
– poker sportivo, burraco e altri giochi di carte diversi dal bridge;
– altre attività quali MMA, Krav maga, Parkour, Paintball, etc.
Ancora: per alcuni sport vengono indicate nell’elenco solo alcune specialità:
– il calcio comprende il calcio ad 11 e il calcio a 5 ma non, ad es., il calcio a 8 oggetto di molti tornei a livello amatoriale;
– la danza prevede l’indicazione di 10 discipline (10 codici) che non necessariamente esauriscono tutte le potenziali specialità di danza che vengono praticate;
– nella pallacanestro è indicato il beach basket ma non il 3vs3, o il 4vs4, che sono oggetto di numerosi tornei estivi; non è indicato nemmeno il minibasket. Ragionevolezza vuole che tali attività possano essere ricomprese nella generica indicazione di “pallacanestro”;
– nel ciclismo non viene indicata l’attività cicloturistica e cicloamatoriale, specificamente prevista dalla F.I.C (che, addirittura, indica che per lo svolgimento di tale attività è necessaria la visita medica agonistica), laddove, invece, il turismo equestre è disciplina compresa nello sport dell’equitazione. Il cicloturismo potrà rientrare nel “ciclismo strada (84) o nella “mountain bike (87)?
– e altre….;
Infine, potrebbero porsi dei problemi di riconoscimento/iscrizione in relazione ad alcune attività paralimpiche, posto che per alcuni sport (p.es. Ciclismo e Golf) è previsto un codice specifico per l’attività paralimpica, mentre nella maggioranza degli altri sport tale codice specifico non esiste.
4. Quali nuovi adempimenti per le società sportive e quale destino per le discipline non previste nell’elenco e per i sodalizi sportivi che le praticano?
Ai fini dell’iscrizione/rinnovo dell’iscrizione al registro CONI i sodalizi sportivi dovranno dunque, d’ora in avanti (rectius, dal 1° marzo 2017), identificare con esattezza, tra quelli presenti in elenco, il codice di disciplina sportiva nel quale rientrano le attività svolte all’interno dell’ente:
a) se l’attività svolta è chiaramente definita e identificata nell’elenco (es. calcio, nuoto, tennis etc), non ci sono problemi: all’atto dell’iscrizione il sodalizio dovrà presumibilmente indicare il codice della disciplina risultante dall’elenco nel menù a tendina relativo all’attività esercitata;
b) se l’attività svolta non è indicata a livello puntuale nell’elenco, ma sono previste discipline molto simili o vicine (è il caso, ad esempio, della danza sportiva dove in diverse discipline è indicata la dizione “generi o stili derivati”, o “altre danze tradizionali”) occorrerà verificare se la disciplina esercitata non possa rientrare in un codice similare;
c) infine, l’ultima verifica da fare, è quella di accertarsi del fatto che la disciplina individuata in maniera “puntuale” non possa essere ricompresa in alcuni codici c.d. “residuali”. Si segnalano infatti almeno tre “contenitori” che potrebbero ospitare numerose discipline non specificatamente individuate quali:
117 (Federazione Italiana Ginnastica) “Attività sportiva ginnastica finalizzata alla salute ed al fitness”: vi potrebbero rientrare tutte le attività di fitness “moderno” (Pilates, crossfit, TRX, Zumba, ecc.), delle quali, tra l’altro, ogni anno ne nascono di nuove, e lo yoga
288 (Federazione Italiana Nuoto) “Attività ginnico-motorie acquatiche applicative alle discipline del nuoto“: vi potrebbero rientrare tutte le attività di acquafitness (idrobyke, flat, rulli in acqua, ecc.), nonché le attività di avviamento all’acquaticità per bimbi e neonati;
59 Body Building: dizione in qualche modo “generica” nella quale potrebbero forse rientrare gran parte delle attività svolte in palestra per la cura del corpo attraverso l’utilizzo di pesi e macchinari non dettagliatamente individuate nei codici da 233 a 240 (Pesistica);
Nelle fattispecie indicate sub b) e c) occorrerà verificare con particolare attenzione i regolamenti e le delibere delle Federazioni Sportive Nazionali di riferimento.
Saranno infatti le singole Federazioni che potranno “allargare” o “restringere” la rete relativamente al riconoscimento delle discipline sportive non esplicitamente citate in delibera nella categoria “altre”.
A tal fine, potranno risultare utili gli adeguamenti informatici e i dettagli attuativi, citati nella delibera, auspicando che questi aiutino a fare chiarezza pratica, con l’inserimento nel “menù a tendina” delle attività utili all’iscrizione al registro, con riferimento alle categorie residuali, di alcune attività ora non comprese nell’elenco.
Non ci sembra, al momento, che sia necessario procedere alla revisione di tutti gli statuti per adeguare gli oggetti sociali all’indicazione puntuale delle attività sportive esercitate con riferimento ai codici indicativi delle discipline in elenco.
Tale ipotesi, avanzata dall’Ente A.S.C (circolare n. 1 del 05/01/2017) ci sembra francamente, e fatte salve ulteriori nuove indicazioni, eccessiva, fermo restando che se l’Ente di Promozione Sportiva o la Federazione Sportiva cui i singoli sodalizi sono affiliati dovessero richiedere tale adeguamento quale conditio sine qua non per l’affiliazione, le società sportive affiliate o affiliande dovranno adeguarsi.
Esperite tutte le verifiche e gli adempimenti di cui sopra, se l’attività sportiva esercitata dal sodalizio non rientra in nessuno dei codici indicati nell’elenco, la soluzione è tanto chiara quanto rivoluzionaria: l’attività sportiva non riconosciuta non sarà più considerata sportiva e, se dovesse rappresentare l’unica attività svolta dal sodalizio, questo non potrà essere più iscritto al Registro delle Società ed Associazioni Sportive c/o il CONI e perderà il c.d. “riconoscimento sportivo dilettantistico”.
Nulla osta invece, secondo la nostra interpretazione, al mantenimento dell’iscrizione al Registro di quelle società sportive che svolgono sia discipline “riconosciute” che discipline “non riconosciute”. In tali casi, il riconoscimento sportivo del sodalizio sarà comunque acquisito, ma le attività esercitate non rientranti nell’elenco non saranno più considerate attività sportive.
5. Le conseguenze del mancato riconoscimento sportivo a livello tributario
Occorre a tal fine distinguere due ipotesi:
a) Il sodalizio esercita esclusivamente attività sportive NON COMPRESE nell’elenco;
b) Il sodalizio esercita contemporaneamente sia attività sportive COMPRESE nell’elenco che attività sportive NON COMPRESE.
Nel caso sub a) le conseguenze sono chiare, ancorché estremamente delicate e pericolose: il sodalizio sportivo non potrà più ottenere l’iscrizione al Registro delle Società ed Associazioni Sportive Dilettantistiche c/o il CONI e perderà il requisito “sportivo dilettantistico”.
Conseguentemente non potrà più usufruire delle agevolazioni tributarie e previdenziali previste dal legislatore in favore dello sport dilettantistico.
In particolare, non potrà beneficiare della possibilità di erogare compensi “sportivi” ex art. 67, c. 1, lett. m), TUIR, i suoi sponsor non potranno beneficiare della presunzione legale di natura pubblicitaria delle erogazioni, non potrà beneficiare delle agevolazioni in materia di tasse di CC.GG., non potrà, se SSD a r.l., beneficiare del regime 398/1991 né della de-commercializzazione dei corrispettivi specifici, e ciò indipendentemente dal recepimento statutario e dall’effettiva osservanza dei vincoli richiesti dalla legge.
Se, invece, si tratta di a.s.d. potrà continuare a beneficiare, in quanto ente di natura associativa senza scopo di lucro, sia delle disposizioni di cui alla L. 398/1991 che della de-commercializzazione dei corrispettivi incassati dai propri soci e associati (salva la tesi minoritaria, purtroppo ancora sostenuta da alcuni Uffici, che in assenza di “sportività” tali disposizioni non spettino), ma la mancata iscrizione impedirà la fruizione dell’esimente ex art. 149, c.4, del TUIR, ai sensi della quale solo le a.s.d. (unitamente agli enti religiosi) non subiscono la perdita della natura di ente commerciale in caso di esercizio prevalente di attività commerciale.
Qualora, come anticipato dalla circolare del Presidente CSEN sopra citata, l’elenco delle discipline riconosciute dovesse subire modifiche (che potrebbero consistere sia in un ampliamento del numero delle discipline, sia in una minore “rigidità delle categorie”), l’approccio concettuale non cambierebbe (le discipline non riconosciute non consentirebbero comunque l’iscrizione al Registro), salvo il fatto che, eventualmente, il problema sarebbe circoscritto a un numero inferiore di attività sportive.
Nel caso sub b) il sodalizio potrà continuare a mantenere l’iscrizione al Registro grazie allo svolgimento di attività sportiva nell’ambito delle discipline comprese in elenco, previa affiliazione a FSN, DSA o EPS, e potrà dunque continuare a beneficiare di TUTTE le agevolazioni previste in favore del settore sportivo dilettantistico.
Tuttavia l’eventuale svolgimento di attività sportiva in relazione a discipline non ricomprese nell’elenco comporterà che:
b1) se il sodalizio è gestito in forma di S.S.D. a r.l., poiché i frequentatori non potranno essere tesserati nell’ambito della disciplina “non riconosciuta”, l’attività dovrebbe assumere un contorno commerciale, eventualmente gestibile, ricorrendone i presupposti, ai sensi del regime 398/1991.
L’utilizzo del condizionale è opportuno in quanto, in realtà, il frequentatore potrebbe comunque mantenere, o richiedere, un tesseramento nell’ambito del medesimo E.P.S o FSN o DSA a cui è affiliata la società, rispettando in tal caso il requisito richiesto dall’art. 148, c. 3, T.U.I.R., come confermato dalla Ris.ne 38E/2010. Dunque l’attività, pur non risultando più “sportiva” potrebbe continuare a beneficiare dell’agevolazione della de-commercializzazione.
Si rende assolutamente necessario, a tal fine, un chiarimento da parte dell’Agenzia Entrate e del CONI.
b2) se il sodalizio è costituito nella forma di A.S.D., quindi di ente di natura associativa senza scopo di lucro, nulla osta, a nostro avviso, al mantenimento dell’agevolazione ex art. 148, c.3, T.U.I.R., a beneficio delle attività (anche non “sportive riconosciute” ma comunque “istituzionali” in quanto previste dall’oggetto sociale) svolte in favore dei propri soci e associati (nonché tesserati).
In ogni caso, anche qualora, per diversa interpretazione della norma, per scelta prudenziale ovvero a seguito di contestazione operata dagli organi di vigilanza, la natura dell’attività fosse ritenuta commerciale, nulla osta all’utilizzo, ricorrendone i presupposti, delle agevolazioni ex L. 398/1991.
Si ricorda, in proposito, che l’articolo 1, comma 50, della Legge di Bilancio 2017, ha incrementato a € 400.000,00 il “plafond” previsto per la fruizione, da parte degli Enti Non Commerciali, delle a.s.d. e delle s.s.d., delle disposizioni agevolative previste dalla L. 398/1991.
6. Le conseguenze del mancato riconoscimento sportivo a livello di rapporti di lavoro e previdenziale
Analoghe conclusioni si possono raggiungere in materia di inquadramento dei rapporti di lavoro e di agevolazioni previdenziali.
A tal proposito, la delibera CONI chiude il cerchio e offre maggiore chiarezza al recente intervento (circolare n. 1 del 01/12/2016) del neo costituito ispettorato nazionale del lavoro (sopra citato).
I due documenti riteniamo debbano infatti essere letti congiuntamente.
Come evidenziato nella richiamata N.L. la circolare ha operato una importante “apertura” nei confronti dei sodalizi sportivi, andando quasi ad abbracciare la tesi del c.d. “rapporto di lavoro speciale” già fatta propria da alcuni tribunali e corti d’appello, apertura già intravista in precedenti documenti di prassi (Ministero del Lavoro, nota del 21/02/2014 n. 4036).
Secondo l’ispettorato emerge chiaramente dal susseguirsi delle norme in materia di rapporti di collaborazione sportivo-dilettantistici “la volontà del legislatore … di riservare … una normativa speciale, volta a favorire e ad agevolare la pratica dello sport dilettantistico…”.
La qualificazione di “normativa speciale”, peraltro, giustificherebbe anche l’inserimento nell’art. 67 del termine “compenso”, laddove, in precedenza, si parlava solo di indennità di trasferta e di rimborsi forfettari di spesa; la possibilità di erogare compensi (ancorché agevolati) pare infatti andare nella direzione di istituzionalizzare un rapporto sinallagmatico, cioè una prestazione, in senso lato, lavorativa, e non legata esclusivamente allo spirito associativo.
Viene, di nuovo, confermata la funzione del CONI quale “unico organismo certificatore della effettiva attività sportiva svolta dalle società e dalle associazioni sportive dilettantistiche”[5], dando atto che il lavoro di revisione operato dal CONI in relazione al registro ha consentito di eliminare fenomeni di elusione spesso riscontrati in fase di verifica, rendendo il Registro “strumento idoneo a certificare la natura dell’ASD/SSD e l’effettiva attività svolta sotto il controllo dei soggetti affilianti (FSN, EPS, DSA).”[6]
Viene infine richiamato l’art. 35, comma 5, del D.L. 207/2008, che, in sostanza, ha chiarito che nel concetto di attività sportiva dilettantistica rientrano anche le prestazioni non rese in relazione a gare o manifestazioni sportive ma anche quelle rese nella fase della didattica e della preparazione e assistenza alle attività sportive, “sdoganando” le figure degli istruttori sportivi.
Fatte tutte queste premesse, la circolare dell’ispettorato precisa che l’applicazione della norma agevolativa, anche sulla base di quanto specificato dalla giurisprudenza, è consentita solo al verificarsi delle seguenti condizioni:
1. Che l’associazione/società sportiva dilettantistica sia regolarmente riconosciuta dal Coni attraverso l’iscrizione nel registro delle società ed associazioni sportive dilettantistiche;
2. Che il soggetto percettore svolga mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti e delle indicazioni fornite dalle singole Federazioni, tra quelle necessarie per lo svolgimento delle attività sportivo – dilettantistiche così come regolamentate dalle singole Federazioni
E ciò senza ulteriori considerazioni legate alla natura autonoma o subordinata della collaborazione.
Al contrario: la circolare chiarisce che il requisito della professionalità, intendendosi come tale la partecipazione a corsi di formazione tenuti dalle Federazioni, “non rappresenta in alcun modo un requisito, da solo sufficiente, per ricondurre tali compensi tra i redditi di lavoro autonomo, non essendo tale qualifica requisito di professionalità ma unicamente requisito richiesto dalla Federazione di appartenenza per garantire un corretto insegnamento della pratica sportiva”, facendo, a tale proposito, gli esempi dell’istruttore, allenatore, addetto al salvamento.[7]
In definitiva, ciò che conta, ai fini delle verifiche ispettive, è il riconoscimento sportivo, operato dalle Federazioni Sportive, sia del sodalizio che dell’attività dallo stesso esercita,: “sulla base di questi chiarimenti normativi e di prassi è possibile avere un quadro di riferimento per definire le prestazioni che rientrano nell’art. 67 del Tuir ma è necessario, in sede di accesso, verificare, sulla base delle indicazioni fornite dalle singole Federazioni che attuano il riconoscimento della ASD/SSD quali sono le attività necessarie per garantire l’avviamento e la promozione dello sport e le qualifiche dei soggetti che devono attuare tali attività”.
Fin qui, gli elementi positivi, e di chiarezza, offerti dalla circolare (e non sono pochi).
Rimangono tuttavia alcuni punti in sospeso, che dovranno essere oggetto di ulteriori chiarimenti, o, meglio, del tanto auspicato (anche dallo stesso Ministero del Lavoro, con la citata nota del 21/02/2014) intervento normativo [8]:
a) In primo luogo, la circolare fa chiarezza sul concetto di professionalità nel senso di escludere che il mero possesso di qualifiche formative possa essere indice di professionalità dell’attività svolta. Nessun accenno è invece operato in relazione allo “svolgimento per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche” (art. 5, D.P.R. 633/1972). In concreto: non viene presa posizione sulla figura dell’istruttore che, nella vita, e di mestiere, svolge tale attività e con essa garantisce a sé ed alla propria famiglia il sostentamento. Idem per ciò che concerne il collaboratore sportivo – dipendente, tenuto a svolgere mansioni pre-determinate dal titolare, ad orari prestabiliti e soggetto a subordinazione gerarchica da parte del datore di lavoro.
b) Inoltre, e soprattutto, viene operata, per la prima volta (e posto che, come apparirebbe, sia effettivamente voluta), una netta separazione tra le attività sportive svolte in ambito federale e le attività sportive svolte esclusivamente nell’ambito degli Enti di Promozione Sportiva. (Ovvero, più precisamente, attività sportive disciplinate da Federazioni Sportive, e attività che le Federazioni non disciplinano)
Nel corso della presente circolare ho più volte evidenziato il termine “Federazione” utilizzato dall’ispettorato.
In particolare, si pone l’accento sulle attività sportivo dilettantistiche, e relative mansioni, come regolamentate dalle singole Federazioni Sportive.
La delibera CONI – fatte salve le eventuali, successive variazioni/adeguamenti di cui già si è detto – chiude il cerchio: le attività cui fa riferimento la circolare dell’Ispettorato sono evidentemente quelle comprese nell’elenco delle discipline riconosciute, e ciò indipendentemente dal fatto che l’attività sia svolta in ambito federale ovvero sia organizzata da E.P.S. (il calcio rimane calcio sia che lo si pratici in ambito FIGC che in ambito, per fare un esempio, UISP).
Dunque:
a) Se l’attività sportiva è compresa nell’elenco allegato alla delibera CONI, il collaboratore sportivo (l’istruttore, l’allenatore, l’assistente etc) potrà essere compensato, verificandosi il possesso di tutti i presupposti soggettivi, ai sensi delle disposizioni ex art. 67, c1. Lett. m), TUIR (i 7.500 €). Appare a tal fine opportuno, in relazione al “riconoscimento dell’attività sportiva esercitata”, che l’istruttore sia in possesso di tesseramento c/o una F.S.N-E.P.S-D.S.A.
b) Se, invece, l’attività non è compresa nell’elenco, indipendentemente dal trattamento tributario della stessa, il collaboratore (istruttore etc) non potrà essere inquadrato come sportivo dilettante ma dovrà trovare collocazione in altre tipologie lavorative (P.IVA, Lavoro dipendente, Prestazione Occasionale, Volontariato, Voucher).
Un’ultima considerazione:
la circolare dell’Ispettorato del lavoro fa sempre riferimento, testualmente, all’attività di regolamentazione delle discipline sportive da parte delle Federazioni, e non cita né gli Enti di Promozione Sportiva né le Discipline Sportive Associate.
Per quanto riguarda gli Enti di Promozione Sportiva, l’origine della suddetta differenziazione è probabilmente da ricercarsi nel (lieve, ma chiaramente esistente) distinguo che lo statuto del CONI opera tra le funzioni svolte dalle Federazioni Sportive Nazionali e dalle Discipline Sportive Associate, e quelle svolte dagli Enti di Promozione Sportiva: mentre per le prime gli articoli 20 e 24 parlano di “attività sportiva”, per gli enti di promozione sportiva il CONI definisce le attività svolte come: “fisico – sportive con finalità ricreative e formative” (art. 26 primo comma).
Se, dunque, il mancato riferimento agli E.P.S. è comprensibile (pur con più di un dubbio, data la valenza sempre meno agonistica e sempre più sociale/sanitaria/aggregativa che lo sport è andato assumendo), meno comprensibile è il mancato richiamo alle D.S.A.:
Le D.S.A. hanno infatti la stessa la stessa natura giuridica delle FSN, rappresentano anch’esse sport a livello agonistico, ma non olimpici. “Passano alla categoria” F.S.N. solo quando lo sport disciplinato diventa olimpico, come accadrà, ad es., al Triathlon e all’arrampicata alle prossime olimpiadi.
L’utilizzo del termine generico “Federazione” e non “Federazione Sportiva Nazionale” lascia presumere un utilizzo improprio della terminologia propria del diritto sportivo. Tale ipotesi è rafforzata dal fatto che nell’elenco allegato alla delibera CONI sono ricomprese tutte le D.S.A. e tutte le attività sportive dalle stesse organizzate. Ciò non toglie, però, che in un documento che vuole tracciare confini chiari e precisi, gli usi generici e impropri non possono piacerci, e un chiarimento ufficiale a tal proposito sarebbe assolutamente auspicabile.
Da parte nostra, e in attesa dell’auspicato chiarimento, propendiamo per un’interpretazione “sistematica” della disposizione (ergo, dell’atto amministrativo – circolare dell’Ispettorato) volta a ricomprendere nel generico termine “federazione” sia le Federazioni Sportive Nazionali che le Discipline Sportive Associate.
7. Il problema della decorrenza degli effetti della delibera
Come in tutte le modifiche nelle quali esse non sono specificatamente stabilite, né è dettata una disciplina transitoria, ci si deve infine porre il problema della decorrenza delle nuove disposizioni e delle conseguenze per i soggetti che, in virtù della modifica, vedono mutato il proprio status.
La prima questione ci pare sufficientemente chiara anche se, ovviamente, in assenza di una disposizione ad hoc non possiamo escludere interpretazioni diverse: abbiamo più di un esempio, in passato, di interpretazioni particolarmente “rigorose” che sono state successivamente sconfessate ma che hanno comunque creato problemi non da poco.
Da un lato i principi generali civilistici di efficacia delle norme nel tempo e legittimo affidamento, dall’altro il disposto degli articoli 3 (“Efficacia temporale delle norme tributarie”) e 10 (“Tutela dell’affidamento e della buona fede del contribuente”) dello Statuto del Contribuente, e infine il fatto che il provvedimento indica una data (1 marzo 2017) entro la quale dovrà essere effettuata l’attività di “bonifica”, e parla di “cancellare le iscrizioni” (senza fissare una decorrenza) e non di “dichiarare illegittime le iscrizioni”, ci paiono tutti elementi concordi e sufficienti a escludere che la cancellazione possa avere effetto retroattivo.
Qualche dubbio in più potrebbe esistere per la decorrenza della cancellazione, atteso che sul certificato che il CONI ha rilasciato al sodalizio c’è scritto “riconosce ai fini sportivi per l’anno sportivo in scadenza al XXXX“: ci pare assolutamente legittimo che possa disporre il non rinnovo alla scadenza, molto meno legittimo che possa disporre la cancellazione prima di tale termine.
La cancellazione è certamente possibile, finanche con effetto retroattivo, qualora venisse riscontrato un comportamento non corretto da parte dell’associazione o società, come accade p.es. quando in sede di accertamento fiscale viene segnalato che l’attività svolta non è quella dichiarata; ma se è stata dichiarato lo svolgimento di un’attività, in base a tale dichiarazione viene disposta l’iscrizione, e tale attività è effettivamente svolta con modalità corrette, non ci pare così scontato che il riconoscimento possa essere revocato prima della scadenza del termine.
Abbiamo comunque detto “potrebbe” perché le conseguenze della cancellazione sono molto serie e riguardano non certo pochi (e per quanto detto qui sopra, non è ben chiaro quali) sodalizi, e deciderne la sorte, magari con effetto immediato, in un mese e mezzo ci pare francamente improbabile: qualche rinvio del termine risolverà anche il problema di come “finire la stagione”.
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Come sempre Fiscosport terrà aggiornati i propri lettori qualora dovessero emergere novità di qualsiasi genere.
[1] In data 11/01/2017 lo CSEN, a firma del Presidente, ha emanato una circolare indirizzata ai propri associati nella quale annuncia la formazione di un tavolo tecnico di concertazione per l’individuazione delle discipline non aventi contenuto agonistico
[3] L’agevolazione ex art. 148, c. 3, T.U.I.R., cioè la de-commercializzazione dei corrispettivi specifici (quote di frequenza) non è invece subordinata alla qualifica “sportivo dilettantistica” se non limitatamente alle S.S.D. a.rl.. Invece, per le A.S.D., l’agevolazione, essendo indirizzata a tutti gli enti di natura associativa, è fruibile, alle condizioni previste dalla norma, a prescindere dall’attività (sportiva o meno) esercitata nei confronti dei soci/associati/tesserati.
[4] Contestazione mossa evidentemente nei confronti di attività svolte in palestra, ma, fatti debiti aggiustamenti, utilizzata anche nei confronti di piscine, scuole danza, circoli ippici, velici etc
[6] Tale passaggio porta a pensare che i due documenti siano stati elaborati congiuntamente, e che solo problematiche di natura burocratica abbiamo comportato la scansione temporale fra la pubblicazione del primo e del secondo documento