1. Un breve excursus storico
I primi interventi si sono caratterizzati per l’elaborazione di disegni di legge (Ronchi ed altri), che, al fine di disciplinare gli sbocchi occupazionali del laureato in scienze motorie, introducevano figure professionali specifiche (quali, ad esempio, l’allenatore, il preparatore atletico o, più in generale, il professionista delle attività motorie e sportive) con le relative competenze, prevedendo, inoltre come requisito obbligatorio per l’esercizio della professione l’iscrizione in registri o elenchi, al fine di superare il divieto – di origine comunitaria – dell’istituzione di nuovi albi professionali, ritenuti ostativi alla concorrenza fra i professionisti.
Successivamente al “naufragio” dei disegni di legge, si è assistito ad un ulteriore tentativo di regolamentazione, basato sull’equipollenza 2 fra il diploma di laurea in fisioterapia e quello in scienze motorie, qualora “il diplomato abbia conseguito attestato di frequenza ad idoneo corso su paziente, da istituirsi con decreto ministeriale, presso le università”.
È evidente che se, da un lato, può essere apprezzata la volontà di garantire un riconoscimento ad una figura professionale finora sprovvista di regolamentazione, dall’altro una simile soluzione sembra cancellare l’identità e la specificità di ciascun percorso formativo.
2. Quali novità?
In questo contesto, confuso ed incerto, si collocano le novità di quest’anno: la legge 2013 n. 4 e l’accordo (concluso il 26 gennaio 2013) fra il MIUR, il Ministero della Salute, le rappresentanze professionali dei laureati in scienze motorie e dei fisioterapisti; l’una, generica, riguarda tutte le professioni non ordinistiche, l’altro rivolto specificamente al professionista del movimento, laureato in scienze motorie.
Oltremodo significativa è la previsione per cui le competenze di ciascun professionista si integrano e non si sovrappongono.
Con riguardo ai laureati in scienze motorie, particolarmente significativa è la disposizione – finora molto discussa – che li abilita ad operare anche con soggetti non sani, ma in condizioni cliniche stabili, cioè che non necessitano di ospedalizzazione o di monitoraggio clinico.
Viene così “codificata” l’attività fisica adattata (AFA) 3 ai soggetti cd. “fragili”, si pensi agli anziani o ai diversamente abili; attività che mira a ricondizionare lo stato di salute individuale al termine della riabilitazione, combattere l'ipomobilità, favorire la socializzazione e promuovere stili di vita più corretti.
L'obiettivo, dunque, è promuovere l'attività motoria, sia per la prevenzione di problemi di salute che per il mantenimento di uno stato di salute accettabile, tenendo conto delle esigenze specifiche (rispetto all’attività motoria standard) dei vari individui.
Contestualmente all’elaborazione di questo documento viene approvata la legge 4/2013 4 che disciplina tutte le professioni cd. non ordinistiche, ovvero non organizzate in ordini o collegi.
In conformità all’art. 6, comma 3, di tale legge secondo cui: “i requisiti, le competenze, le modalità di esercizio dell’attività e le modalità di comunicazione verso l’utente individuate dalla normativa tecnica UNI costituiscono principi e criteri generali che disciplinano l’esercizio autoregolamentato della singola attività professionale e ne assicurano la qualificazione”, è stata emanata la norma UNI 11475:2013 che definisce i requisiti relativi all’attività del chinesiologo, ovvero della “figura professionale che opera nell’ambito del movimento umano razionale attivo comunque finalizzato al miglioramento del benessere psicofisico della persona, anche in condizione di disabilità, e/o all'ottenimento di un'adeguata preparazione atletica e sportiva”.
La norma UNI, in linea con il sistema europeo delle qualifiche, distingue i compiti principali, le conoscenze, le abilità e le competenze delchinesiologo.
Tra i compiti principali si segnalano: la progettazione e realizzazione dei programmi motori finalizzati al raggiungimento, miglioramento e recupero del miglior benessere psicofisico della persona anche in condizione di disabilità e nelle differenti specificità di genere, età e condizione fisica.
L’elencazione dei compiti principali sembra invero conformarsi ad una massima della Suprema Corte, che seppure risalente, si presenta tuttora attuale 5.
Tra gli altri compiti vengono indicati: la conduzione di lezioni pratiche con o senza attrezzi finalizzati al benessere o alla preparazione atletica.
Con riguardo a quest’ultimo aspetto, il fatto che, in base alle attuali disposizioni normative, il chinesiologo, da un lato, abbia competenze in materia di preparazione atletica e, dall’altro, debba essere in possesso della laurea in scienze motorie, del diploma I.S.E.F. o di altro titolo di studio pari al livello 6 dell’European Qualifications Framework – EQF – (Quadro Europeo delle Qualifiche per l’apprendimento permanente), probabilmente imporrà alle Federazioni sportive nazionali di rivedere il percorso formativo richiesto per diventare preparatore atletico.
Tra le conoscenze (avanzate in un ambito di lavoro o di studio, pari al livello 6EQF) vengono menzionate quelle relative a: i principi didattici per l’insegnamento dell’educazione motoria a soggetti di diversi genere età e condizione fisica; la teoria e i metodi didattici per l’avviamento alle discipline sportive individuali, di squadra e natatorie in vari contesti (sportivo, ludico – ricreativo, turistico, educativo, preventivo e rieducativo finalizzato al benessere psicofisico della persona).
Requisito imprescindibile è una formazione completa e multidisciplinare, non limitata all’ambito del movimento umano.
Oltre alle conoscenze indicate, il chinesiologo deve possedere abilità specifiche, quali: sapere valutare i comportamenti e gli stili di vita dei praticanti attività motoria e sportiva, prevenendo i fattori di rischio a cui essi sono esposti; sapere valutare le capacità motorie e funzionali della persona sia tramite test da campo che da palestra.
Deve, infine, dimostrare di avere competenze specifiche, ovvero sapere applicare le proprie conoscenze nella organizzazione e gestione dei programmi di attività motoria adattati a singoli utenti, di diverse età e con diverso stato di condizione fisica, in vari contesti (in ambiente sportivo, ludico-ricreativo, turistico, educativo, preventivo e rieducativo), allo scopo di migliorare o mantenere lo stato di benessere psico-fisico della persona e per promuovere uno stile di vita sano.
Ai sensi del combinato disposto della normazione tecnica UNI e della legge 4/2013 sembrano invero delinearsi con sufficiente chiarezza il profilo professionale e le competenze del chinesiologo.
È oltremodo evidente che, dall’analisi delle normative, emerga, dopo tante incertezza, la figura di un professionista del movimento e dell’attività motorie, le cui competenze possono, del resto, integrarsi con quelle di altre figure professionali.
Ai sensi dell’art. 2, comma 6, della legge 4/2013, infatti, è vietato – ai professionisti soggetti a tale disciplina – lo svolgimento di attività professionali riservate dalla legge a determinate categorie di soggetti.
La riserva legislativa impedisce, pertanto, al chinesiologo, salvo il caso in cui dimostri il possesso dei requisiti previsti dalla legge, di porre in essere comportamenti, quali l’elaborazione di diete, il prelievo ematico, i massaggi.
Quest’ultima attività, nonostante sia soggetta ad una regolamentazione specifica, è sempre stata al centro di accese battaglie dell’AIFI (Associazioni italiana fisioterapisti) contro gli operatori abusivi, privi dei titoli per potere operare legittimamente, complici anche le numerose offerte di corsi di formazione da parti di enti locali e enti di promozione sportiva 6.
1 Il riferimento è alla legge 136/2002.
2 Ai sensi dell’art. 1-septies della legge 3 febbraio 2006 n. 27.
3 Il documento specifica che si tratta di un’attività non sanitaria.
4 Legge 14 gennaio 2013 n. 4 “Disposizioni in materia di professioni non organizzate”.
5 In tal senso, il giudice di legittimità si è espresso con decisione 4455/2000
6 La funzione abilitante di tali corsi è stata esclusa dalla Corte Costituzionale (con sentenza 30 maggio 2008 n. 179) e dai giudici amministrativi (Cons. Stato con sentenza 2363/09 e, ex plurimis, Tar Lombardia con decisione 4641/2009).