Una delle criticità dello sport dilettantistico, rispetto a quello professionistico, è rappresentata dall’evidente maggiore difficoltà nel reperire i mezzi finanziari necessari per il sostenimento della propria attività. Gli incassi derivanti dall’attività sportiva svolta con pubblico pagante, i diritti radiotelevisivi, offerte milionarie da parte degli sponsor, plusvalenze derivanti dalla cessione d’atleti ed il ricorso al mercato dei capitali attraverso le quotazioni di borsa (strumenti propri dello sport professionistico) – metodi efficaci o non che possano apparire – non sono, infatti, alla portata delle società e degli altri enti che operano nel vastissimo settore dello sport dilettantistico, se non per alcune trascurabili eccezioni ( es. incassi derivanti dal pubblico pagante, ma con rilevanza, il più delle volte, poco significativa). Tali soggetti, pertanto, sono obbligati, ed ancora di più lo saranno per il futuro, ad industriarsi per “convincere” soggetti esterni a finanziare la realizzazione d’eventi e l’acquisto di prodotti necessari per la propria attività.
Lo sport, a tutti i livelli, esige sempre di più capacità gestionale, crescita culturale e formativa di chi lo pratica, ma, soprattutto, di chi decide di farlo diventare la propria attività professionale investendo o semplicemente gestendo strutture d’erogazione di servizi sportivi.
I principali mezzi a disposizione delle società e degli enti che operano nel settore dilettantistico per il reperimento di fonti finanziarie, aggiuntive a quelle tipiche, fondamentalmente sono:
– le sponsorizzazioni;
– le liberalità;
– contributi erogati dal C.O.N.I. e dagli enti pubblici.
1. Sponsorizzazioni
Nella presente esposizione saranno analizzati, in primo luogo, i tratti civilistici essenziali del contratto di sponsorizzazione, per poi passare alla disamina della complessa e, se vogliamo, dispersiva normativa fiscale che caratterizza l’intero settore sportivo dilettantistico. Ci soffermeremo, infine, sul trattamento fiscale applicabile alle parti del contratto (sponsor e sponsee), ai fini delle imposte dirette e dell’imposizione indiretta.
1.1. Aspetti civilistici
Appare opportuno considerare, innanzitutto, che il contratto di sponsorizzazione è un contratto non disciplinato in maniera organica dal codice civile, ma definito essenzialmente da alcune leggi speciali a carattere settoriale. Ci si riferisce, in particolare, all’art. 8, comma 12, della L. 223/90 in materia di spettacoli televisivi e radiofonici, nonché all’art. 120 del D. Lgs n. 42/2004, in materia di tutela e valorizzazione del patrimonio artistico e culturale.
Da ciò discende il carattere di atipicità del contratto di sponsorizzazione che trova, pertanto, tutela giuridica nella disciplina dettata in materia di principi generali del contratto, conformemente al dettato dell’art. 1322, comma 2, c.c..
Sulla base della connotazione assunta giuridicamente, possiamo definire la sponsorizzazione come: il contratto con il quale una parte – sponsor – si obbliga nei confronti dell’altra parte – sponsee – alla dazione di una somma di denaro o d’altri beni fungibili per il finanziamento dell’attività svolta da quest’ultima, che, a sua volta, s’impegna ad utilizzare, nello svolgimento della propria attività, il nome, il marchio o altro segno distintivo riconducibile allo sponsor, promuovendone l’immagine presso il pubblico.
Da quanto sopra riferito è possibile individuare gli obblighi che gravano sulle parti in virtù del contratto di sponsorizzazione: lo sponsor è colui che sponsorizza, obbligandosi alla dazione di una somma di denaro o d’altri beni fungibili per il finanziamento dell’attività svolta dallo sponsee. Questi, invece, s’impegna ad utilizzare, per la propria attività sportiva, il nome, il marchio o altro segno distintivo riconducibile allo sponsor, promuovendone l’immagine presso il pubblico.
Non è richiesta la forma scritta ad substantiam. Essa è libera, anche se è sempre consigliabile utilizzare la forma scritta al fine di definire esattamente gli obblighi ed i diritti che gravano e che sono vantati dalle parti, allo scopo di evitare il sorgere di contenziosi tra esse.
La definizione data al contratto in esame fa emergere un’altra importante caratteristica del contratto di sponsorizzazione rappresentata dall’elemento sinallagmatico: è un contratto a prestazioni corrispettive; sono previsti, infatti, obblighi a carico di entrambe le parti. Tale elemento distingue le spese di sponsorizzazione da quelle di rappresentanza, nelle quali, come precisato dall’amministrazione finanziaria (Ris. 9/204 del 17/06/1992) manca, invece, l’elemento sinallagmatico. Da ciò derivano, come vedremo, importanti conseguenze circa il trattamento fiscale delle spese sostenute da chi eroga fondi a favore di società o associazioni sportive dilettantistiche.
E’ inoltre un contratto consensuale: si perfeziona, in pratica, con il semplice consenso; può avere, altresì, ad oggetto un singolo evento ovvero una serie d’eventi o attività svolte dallo sponsorizzato, come ad esempio un’intera stagione calcistica ecc..
Nella prassi si possono avere diverse tipologie di sponsorizzazioni: com’emerge dalla definizione, esso è un contratto che può prevedere l’obbligo, da parte dello sponsor, di erogare una somma di denaro oppure propri prodotti o beni, come ad esempio forniture di materiale sportivo; è il caso delle cosiddetta sponsorizzazione tecnica, che si configura come un’operazione permutativa atipica. E’ anche frequente, ad es. nel settore del basket o della pallavolo, il c.d. “abbinamento”, nel quale lo sponsee si obbliga a modificare la propria denominazione sociale, assumendo quella dello sponsor o comunque, ad affiancarla al proprio nome.
Oltre alla prestazione principale a carico dello sponsor, vi possono essere, infine, una serie d’obbligazioni accessorie, in ragione dei risultati raggiunti dallo sponsee (es. maggiori corrispettivi in ipotesi di vittoria o risultato positivo in campionato ecc.).
1.2. Aspetti fiscali
L’approfondimento fiscale afferente la tipologia contrattuale in esame è data dalla rilevanza delle imposte dirette (Ire ed Ires) e delle imposte indirette (IVA, Imposta di registro ecc.) sulle singole parti del contratto, con imposizione differenziata a seconda che rivestano la posizione di sponsor o di sponsee.
Può rivestire la figura di sponsor sia una persona fisica (con o senza partita Iva), sia una persona giuridica.
Potranno essere sponsee gli enti non-profit (associazioni senza scopo di lucro) e le società di capitali costituite ai sensi dell’art. 90, comma uno della L. 289/2002.
Imposte dirette
Ai fini Irpef o Ires, la normativa di riferimento applicabile allo sponsor è senz’altro quella sancita dall’art. 90, comma otto della L. 289/2002. La norma cita testualmente che: “il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società o associazioni sportive dilettantistiche … costituisce per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore ad € 200.000,00 spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine e dei prodotti del soggetto erogante, mediante una specifica attività del beneficiario“.
La norma introduce una presunzione assoluta di assimilazione alle spese di pubblicità delle somme erogate da uno sponsor che produce reddito d’impresa, fino ad un importo massimo di € 200.000,00. La precisazione non è di poco conto, se si considera che l’acceso dibattito dottrinale in merito alla questione se assimilare le spese di sponsorizzazione alle spese di pubblicità o alle spese di rappresentanza aveva (ed ha, per la parte eccedente il tetto massimo previsto dalla norma suindicata), importanti conseguenze fiscali, disciplinate dall’art. 108, comma due del Tuir. Le spese di pubblicità sono, infatti, integralmente deducibili nell’esercizio di competenza, ovvero in quote costanti nell’esercizio di competenza e nei quattro successivi (cfr. art. 108, comma due, 1° periodo TUIR); mentre le spese di rappresentanza sono deducibili nel limite di 1/3, sempre in quote costanti nell’esercizio di competenza e nei quattro successivi ovvero, per beni di valore unitario inferiore ad € 25,82, nel solo esercizio di competenza (cfr. art. 108, comma due, 2° periodo TUIR).
Volendo, per completezza espositiva, riferire circa le diverse interpretazioni in merito alla natura delle spese di sponsorizzazione, è opportuno segnalare come la dottrina prevalente e l’Amministrazione finanziaria sono orientate nel considerare tali spese come spese di pubblicità (su tutte Ris. M.F. 17/6/1992 – prot. N. 9/204). Anche se tale impostazione, chiaramente, per lo sport dilettantistico, riguarderebbe oneri sostenuti dallo sponsor per importi non superiori ad € 200.000,
Anche l’associazione dei dottori commercialisti di Milano, con norma 127 del 4/1/1996 ha catalogato le spese di sponsorizzazione tra quelle di pubblicità.
Diversamente il TAR del Lazio che, con Sent. N. 673 del 29/4/1991, in relazione all’esatta individuazione della natura delle sponsorizzazioni, ha sancito l’assimilazione delle spese in commento alle spese di rappresentanza, in quanto la sponsorizzazione “consente solo di richiamare il nome dell’impresa finanziatrice, ma manca del contenuto e dell’effetto tipico del messaggio pubblicitario, nel senso che priva della capacità di cattura, di suggestione e di persuasione del potenziale consumatore”. Altra interpretazione è, invece, fornita dal Secit, che introduce una distinzione: se l’oggetto del messaggio è rappresentato dal prodotto dell’attività dello sponsor, le spese di sponsorizzazione sono assimilate alle spese di pubblicità, con conseguente deducibilità integrale. Se, invece, il messaggio ha ad oggetto il nome dello sponsor, le spese di sponsorizzazione sono assimilate alle spese di rappresentanza, con conseguente deducibilità nel limite di 1/3.
In ogni caso, la norma precedentemente richiamata (art. 90, comma 8 della L. 289/2002) ha fugato ogni dubbio e questione in merito a tale dibattito per importi inferiori o uguali ai 200.000,00 euro, che sono, secondo l’interpretazione autentica del legislatore, assimilate alle spese di pubblicità.
Va ricordato che si tratta soltanto di un’assimilazione che il legislatore ha voluto specificare ai soli fini della deducibilità del costo per lo sponsor, dato che, da un punto di vista concettuale e civilistico, la sponsorizzazione è diversa dalla pubblicità.
segue nella newsletter n. 32/2006 del 3 ottobre 2006