La Riforma prevede, come ricorda la Circolare, l’organizzazione e la gestione delle attività sportive dilettantistiche tra le attività di interesse generale che gli Enti del Terzo Settore e le Imprese Sociali potranno esercitare per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e per le quali sono riconosciuti specifici benefici fiscali sia dal Codice del Terzo settore che dal decreto sull’impresa sociale.
Come già chiarito in precedenti interventi, le Associazioni sportive dilettantistiche e le Società sportive dilettantistiche, costituite ai sensi della Legge 289/2002 non rientrano tra i soggetti destinatari delle norme del Terzo Settore e pertanto essi continueranno a godere dei benefici fiscali previsti per questo particolare tipo di enti.
Ciò non toglie che alcune Associazioni sportive dilettantistiche o Società sportive dilettantistiche potranno scegliere di aderire al Terzo Settore o che alcuni soggetti potranno decidere di organizzare e gestire attività sportive dilettantistiche sotto forma di Enti del Terzo Settore o di Imprese Sociali.
Questa scelta potrà verificarsi tendenzialmente in alcuni casi: Associazioni sportive che sono qualificate anche Associazioni di Promozione Sociale e in virtù di questo riconoscimento godono dell’agevolazione fiscale recata dall’art. 148 quinto comma: Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno, non si considerano commerciali, anche se effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l'attività istituzionale, da bar ed esercizi similari e l'organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, sempreché le predette attività siano strettamente complementari a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e siano effettuate nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3.
Casi analoghi a quello descritto si potrebbero verificare per le Associazioni Sportive interessate a usufruire della agevolazione contenuta nell’art. 71 del Codice del Terzo Settore secondo la quale le sedi degli enti del Terzo settore e i locali in cui si svolgono le relative attività istituzionali, purché non di tipo produttivo, sono compatibili con tutte le destinazioni d'uso omogenee previste dal decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968 n. 1444 e simili, indipendentemente dalla destinazione urbanistica.
Infine tutti gli enti che utilizzano Impianti sportivi pubblici potrebbero avere necessità, in virtù dei requisiti fissati nei bandi degli enti locali, di assumere la qualifica di Enti del Terzo Settore.
Quali saranno le conseguenze fiscali di questa scelta?
L’Amministrazione finanziaria chiarisce un principio a noi già noto e dichiarato in altri interventi e cioè che le Associazioni sportive che decideranno di entrare nel terzo Settore dovranno rinunciare alle disposizioni fiscali riservate alle Associazioni e alle Società sportive e applicare il regime fiscale proprio degli Enti del Terzo Settore.
Non potranno pertanto applicare le disposizioni previste dalla Legge 398/91 in quanto il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 prevede la disapplicazione di quel particolare regime forfettario per gli Enti del Terzo Settore. A seconda della natura dell’ente, se ETS generico o Associazione di promozione sociale, potranno trovare applicazione le disposizioni fiscali proprie di queste figure del Terzo Settore.
Analoga disposizione è prevista per la decommercializzazione dei corrispettivi specifici recata dall’art. 148 del T.U.I.R., quello che consente di considerare non imponibili le quote versati dai soci per la partecipazione ai corsi sportivi erogati dalle Associazioni.
La Circolare chiarisce che il Codice del Terzo settore reca talune disposizioni che incidono sull’ambito applicativo dell’articolo 148 del T.U.I.R., stabilendo, da un lato, la disapplicazione agli enti del Terzo settore delle disposizioni di cui all’articolo 148 del T.U.I.R. e, dall’altro, prevedendo una modifica della disposizione di cui al comma 3 dello stesso articolo 148 del T.U.I.R.
In forza di tali disposizioni, le associazioni e le società sportive dilettantistiche senza fini di lucro che assumeranno la qualifica di enti del Terzo settore non potranno più essere destinatarie della previsione di decommercializzazione prevista dall’articolo 148, comma 3, del T.U.I.R. che resterà invece in vita per le Associazioni sportive e le Società che non aderiranno al Terzo Settore.
Per completezza si ricorda inoltre che le previsioni fiscali commentate avranno effetto a decorrere dal termine previsto dall’articolo 104, comma 2, del Codice del Terzo settore (CTS), vale a dire a decorrere dal periodo d’imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea e, comunque, non prima del periodo d’imposta successivo a quello di operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore, la cui istituzione è stabilita dal citato CTS.
Resterebbe infine la possibilità di applicare la normativa sui compensi sportivi. Questo argomento non viene affrontato nella Circolare ma ci preme evidenziare due aspetti.
Il primo è che l’art. 79 comma 1 del CTS contiene una disposizione generale che recita: "agli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali, si applicano le disposizioni di cui al presente titolo nonché le norme del titolo II del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in quanto compatibili”.
La normativa fiscale dei compensi sportivi come è noto è contenuta nel Titolo I del T.U.I.R. all’art. 67. Non sembrerebbe pertanto incompatibile la disciplina recata sul trattamento fiscale dei compensi sportivi con le norme tributarie contenute nel CTS.
Altro tema rilevante è la disciplina contenuta in due articoli del CTS: l’art. 16 che prevede che I lavoratori degli enti del Terzo settore hanno diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 8 e l’art. 3 che riguarda eventualmente gli enti sportivi che dovessero assumere nel Terzo Settore la qualifica di APS:“Le associazioni di promozione sociale possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura, anche dei propri associati, fatto comunque salvo quanto disposto dall'articolo 17, comma 5, solo quando ciò sia necessario ai fini dello svolgimento dell'attività di interesse generale e al perseguimento delle finalità”.
A parere di chi scrive, mentre la prima norma, quella recata dall’art. 16 del CTS, non dovrebbe trovare applicazione per i compensi sportivi erogati dalle Associazioni e Società sportive in virtù del particolare inquadramento di questi compensi, sarebbe invece applicabile anche ai compensi sportivi la norma contenuta nell’art. 36, rendendo di fatto impraticabile l’acquisizione della qualifica di APS per gli enti sportivi.
Per finire questa disamina non possiamo tacere un dubbio che a parere di chi scrive emerge dalla lettura attenta della Circolare. Il dubbio è sostanzialmente questo: finora abbiamo dato per scontato la cumulabilità della qualifica e dello status “giuridico” di Associazione sportiva dilettantistica ed Ente del Terzo Settore. Abbiamo cioè ragionato sull’ipotesi che una Associazione sportiva dilettantistica, costituita ai sensi della Legge 289/2002 e riconosciuta dal Coni, possa assumere la qualifica di Ente del Terzo Settore mantenendo la qualifica originaria e applicando in primo luogo la specifica disciplina recata dal Codice del Terzo Settore come ad esempio le disposizioni fiscali ai fini delle imposte dirette, delle erogazioni liberali etc..
Secondo questo ragionamento sarebbero applicabili invece le norme agevolative non disciplinate dal Codice del Terzo Settore ma fruibili dall’Associazione sportiva, non in quanto Ente del Terzo Settore, ma in quanto Associazione destinataria di una sua disciplina specifica recata nel caso in esame dalla Legge 289/2002. Sarebbe cioè possibile, ad esempio ai fini IVA, per una Associazione sportiva, qualificatasi come Ente del Terzo Settore, applicare la non imponibilità IVA dei corrispettivi specifici, in quanto, non avendo il Codice del Terzo Settore disciplinato la materia, e conservando l’Associazione anche la qualifica di ASD, si troverebbe nella condizione di usufruire di quella norma agevolativa.
In realtà la Circolare non accenna in maniera esplicita a questo concetto che finora abbiamo dato per scontato. Cioè non c’è alcun passaggio in cui è possibile leggere: “resta inteso che le norme di cui sono destinatarie le Associazioni sportive dilettantistiche, non in conflitto con la qualifica di Ente del Terzo Settore, continueranno a trovare applicazione per questi enti”. Eppure diverse sono state le occasioni in cui nella Circolare si poteva accennare a tale possibilità. Ad esempio, quando nella circolare si dice: …, le associazioni e le società sportive dilettantistiche senza fini di lucro che assumeranno la qualifica di enti del Terzo settore non potranno più essere destinatarie della previsione di decommercializzazione prevista dall’articolo 148, comma 3, del T.U.I.R., si poteva chiarire che erano invece applicabili le altre disposizioni tipiche delle Associazioni sportive dilettantistiche.
Potrebbe bastare la previsione contenuta nell’art. 3 comma 1 del CTS in cui si afferma: le disposizioni del presente Codice si applicano, ove non derogate ed in quanto compatibili, anche alle categorie di enti del Terzo settore che hanno una disciplina particolare? La risposta è no perché questa norma ha un valore interno al corpo normativo del codice: si riferisce infatti agli Enti del Terzo Settore e non a enti titolari di una disciplina specifica al di fuori del Terzo Settore come le Associazioni sportive.
La questione non è banale. E per spiegarla meglio possiamo fare accenno a un’altra tipologia di enti: le associazioni culturali. Anche le associazioni culturali sono destinatarie di una norma identica a quella prevista per le sportive in tema di non imponibilità iva dei corrispettivi specifici. Anche qui bisogna chiarirsi: una Associazione operante in ambito culturale, che assume la qualifica di Ente del Terzo Settore, potrà continuare a godere della disposizione recata dal decreto IVA in quanto associazione culturale o sarà prevalente e dominante il suo profilo giuridico di Ente del Terzo Settore che non rientra tra i soggetti agevolabili ai fini iva?
In definitiva: siamo di fronte a una norma, quella del Codice del Terzo Settore, che crea uno spartiacque tra le vecchie qualifiche derivate dal quadro normativo precedente, applicabili solo ed esclusivamente ai soggetti che non entreranno nel Terzo Settore, o siamo di fronte ad una norma che consente di cumulare una sorta di doppia qualifica e dunque di applicare, laddove è consentito, anche le disposizioni tipiche ad esempio della normativa in tema di sport dilettantistico?
In realtà se giudichiamo il comportamento del legislatore prendendo come riferimento le imposte dirette allora dovremmo giungere alla conclusione che la scelta è stata quella di realizzare una netta cesura tra enti del Terzo Settore ed Enti al di fuori del Terzo Settore per i quali si applicano norme civilistiche e tributarie decisamente differenti. E’ chiaro che se prevalesse questa lettura ogni discussione sulle disposizioni applicabili dalle Associazioni sportive qualificate come Enti del Terzo Settore sarebbe del tutto inutile.
La Circolare, almeno in riferimento allo sport dilettantistico, argomento a cui è dedicata, avrebbe potuto esprimere chiaramente una posizione in merito. Ci aspettiamo pertanto che nei prossimi pronunciamenti l’argomento venga affrontato dirimendo ogni dubbio.