La Commissione Tributaria Provinciale di Varese, con la sentenza oggetto del presente articolo, affronta, e risolve (salvo diverso esito dell'eventuale appello che dovesse essere proposto dall'Agenzia Entrate), una problematica di particolare interesse: il trattamento tributario del servizio erogato da un circolo equestre (costituito nella forma di A.S.D.) in favore dei propri associati e/o tesserati per il il ricovero e l'accudimento dei cavalli di proprietà degli associati stessi, servizio a fronte del quale i fruitori riconoscono al circolo un contributo (corrispettivo specifico) ulteriore rispetto alla quota associativa e alla eventuale quota prevista per lo svolgimento della pratica sportiva.
La problematica specifica si inserisce nel tema più generale della difficoltà di delimitare con precisione e nel pieno rispetto della normativa vigente il confine tra attività istituzionale, attività de-commercializzata e attività commerciale, soprattutto in riferimento a talune particolari tipologie di associazioni sportive dilettantistiche, fra le quali rientrano, appunto, i circoli ippici.
Per completezza di informazione, va detto che la sentenza non si limita ad affrontare solamente il tema sopra citato, ma prende in esame anche una serie di ulteriori problematiche relative alla corretta gestione della vita associativa e al possesso dei c.d. "requisiti qualificanti" per la fruizione delle agevolazioni fiscali, problematiche sulle quali questa rivista si è più volte, anche recentemente, soffermata (e sulle quali sono state emanate, nel corso dell'ultimo anno, alcune interessanti sentenze da parte della Cassazione) e che non saranno oggetto del presente articolo, se non in relazione ai seguenti passaggi:
1. secondo i giudici varesini, "trattasi, nel caso che ci occupa, di associazione che svolge attività di natura istituzionale nel rispetto degli scopi descitti nello statuto…": dunque, evidentemente, l'ASD è riuscita a dimostrare, in punto di fatto, l'effettivo svolgimento di attività associativa e l'assenza di attività commerciale;
2. la CTP (ed è il primo caso, a quanto ci risulta) richiama espressamente la recente Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 9/E del 24.04.2013, per confutare le motivazioni dell'avviso di accertamento riconoscendo la validità di un sistema di convocazione "non ordinario" dell'assemblea, avendo l'associazione ricorrente dimostrato, "attraverso un foglio riportante il nome e cognome del socio e la sua firma autografa" l'effettiva presenza dei soci nelle assemblee, il che, unitamente alla circostanza dell'affissione dell'avviso di convocazione nella bacheca del circolo, garantirebbe il rispetto dell'obbligo informativo imposto dalla legge.
Trattasi certamente di un giudicato interessante che, prendendo spunto, per l'appunto, dal recente documento di prassi (ampiamente commentato su Questa Rivista) affronta la questione secondo il principio di prevalenza della sostanza sulla forma, e rappresenta un precedente al quale ci auguriamo che, sulla base delle indicazione fornite dalla stessa Agenzia, si allinei la futura giurisprudenza.
Tornando al tema oggetto del presente articolo, la difficoltà cui va incontro l'interprete consiste nel qualificare correttamente le attività di ricovero cavalli come "istituzionali" (ovvero "de-commercializzate") piuttosto che come "commerciali"; in concreto: si tratta di attività finalizzate al conseguimento degli obiettivi statutariamente previsti per la diffusione della pratica sportiva equestre, oppure si tratta di attività commerciali in quanto non connesse alla pratica sportiva quindi da questa nettamente distinte?
Si tratta di una difficoltà interpretativa oggettiva in quanto la risposta a tale quesito non si riscontra in modo puntuale e inequivocabile dal contenuto delle disposizioni normative in vigore.
Ai sensi della normativa di riferimento – articolo 148, comma 3 del d.p.r. n. 917/1986 (T.U.I.R.) – per le associazioni sportive dilettantistiche (tra le altre) non si considerano "commerciali" le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate dietro pagamento di corrispettivi specifici nei confronti (tra gli altri) dei soci e associati.
Sebbene, quindi, la norma citata definisca con precisione il "presupposto soggettivo" di applicazione (le associazioni sportive dilettantistiche) del beneficio fiscale (la decommercializzazione delle attività direttamente connesse a quelle istituzionali), la stessa non consente di definire con altrettanta precisione il "presupposto oggettivo", ovvero cosa si deve intendere per "attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali".
Ritornando alla fattispecie oggetto del presente articolo, occorre quindi analizzare se l'attività di ricovero e accudimento dei cavalli possa essere considerata connessa alla pratica sportiva equestre, in quanto a questa funzionale e da questa imprescindibile e inseparabile.
In altre occasioni la Redazione di Fiscosport, nel rispondere a quesiti formulati da utenti in relazione ad analoghe fattispecie, ha suggerito di approcciare la problematica con molta cautela, prestando particolare attenzione nel qualificare i corrispettivi specifici derivanti da tali attività come non imponibili, ai fini delle imposte dirette e indirette, in quanto derivanti da attività connesse a quelle istituzionali, considerato anche il fatto che, qualora il circolo abbia optato per l'applicazione del regime forfettario ex l. 398/1991, a fronte di un risparmio fiscale spesso non particolarmente significativo, le conseguenze in caso di accertamento e riqualificazione dei corrispettivi quali commerciali potrebbero essere piuttosto pesanti. Conseguentemente, se il costo in termini di tassazione (in regime 398) dovesse risultare compatibile con le esigenze di bilancio del club, si è consigliato al sodalizio sportivo di adottare una linea prudenziale, che potrebbe anche essere qualificata dire "pro-fisco".
A parere di chi scrive, e alla luce della sentenza oggetto del presente articolo, fermo restando un doveroso approccio particolarmente attento alla situazione specifica, quando l'effettivo svolgimento di attività sportiva da parte dei soci del centro equestre è dimostrabile o addirittura indiscutibile, e quando il mantenimento dello stato di salute dei cavalli è condizione a ciò strettamente necessaria, non dovrebbe essere messa in dubbio la natura "istituzionale" dei servizi di ricovero e accudimento.
Dello stesso avviso, peraltro, sono i giudici varesini, secondo i quali: "non è possibile scindere l'attività di accudimento del cavallo da quella sportiva, in quanto la prima va considerata come un particolare momento della seconda e non come attività del tutto distinta".
Di conseguenza, secondo l'autorevole opinione della Commissione adita, tale attività rientra tra le attività istituzionali svolte dal centro equestre ricorrente in giudizio, gestito nella forma di associazione sportiva dilettantistica (nella sostanza oltre che nella forma, in seguito al verificato recepimento delle clausole statutarie imposte dall'articolo 148, comma 8 del dpr 917/1986 – TUIR e al verificato rispetto dei principi di democrazia interna nel funzionamento degli organi sociali) e oggetto di accertamento da parte dell'Amministrazione Finanziaria. Conseguentemente:
1) i relativi corrispettivi pagati dai soci non sono imponibili ai fini IRES, IRAP e IVA;
2) non è legittimo da parte dell'Amministrazione Finanziaria riqualificare tali corrispettivi come commerciali e procedere al recupero di imposta.