La responsabilità per la cattiva manutenzione del campo di tennis è stato il tema affrontato dalla sentenza della Cassazione che si segnala.
Era accaduto che, giocando a tennis nel campo di una società sportiva, un giocatore aveva riportato una distorsione tibio-tarsica alla gamba destra a causa di una piccola buca, ivi esistente.
La responsabilità del fatto, secondo l’attore, era da ascrivere alla cattiva manutenzione del terreno di gioco.
La convenuta declinava ogni responsabilità, negando che i campo presentasse delle anomalie, e deducendo che anche altre persone avevano giocato a tennis, senza inconvenienti di sorta.”come era suo onere ai sensi dell’art. 2051 c.c., che l’evento dannoso si fosse verificato per caso fortuito.”
Mentre in primo grado la responsabilità della società sportiva era stata riconosciuta dal Pretore, in grado d’appello, il Tribunale respingeva la domanda osservando che “il campo di tennis non è cosa strutturalmente idonea a produrre danno alla persona, in modo da doversi postulare un dovere di vigilanza assoluto e costante, tanto più che si trattava di un modesto impianto sportivo, di certo non paragonabile ai più celebrati campi da tennis, e che l’evento dannoso era da ascrivere alla imprudenza ed alla negligenza… (omissis)” dello stesso giocatore il quale aveva omesso di controllare il terreno, come avrebbe dovuto, prima di iniziare a giocare.
La Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha affermato il principio per cui “L’art. 2051 c.c. pone, a carico del custode – ed è onere dell’attore provare che, in considerazione dell’effettivo potere fisico sulla cosa, tale possa considerarsi il preteso danneggiante, così come provare che il danno sia derivato dalla cosa stessa – una presunzione juris tantum di colpa, che può esser vinta soltanto dalla prova, a carico del medesimo, che il danno sia stato invece determinato da caso fortuito.
Poiché questo, come anche si desume dall’art. 45 c.p., esclude non il nesso materiale di causalità tra la condotta e l’evento dannoso, ma solo la volontà colpevole dell’agente, nel giudizio civile di risarcimento del danno prodotto da cosa in custodia l’onere della prova si distribuisce nel senso, pertanto che, mentre l’attore deve provare il nesso materiale di causalità, il convenuto deve, al contrario, una volta che l’attore abbia soddisfatto il proprio onere, provare l’assenza di colpa.
Tanto premesso, l’inidoneità strutturale del campo da tennis a produrre danni alla persona, anche alla quale il Tribunale ha fatto riferimento per escludere la responsabilità del gestore in ordine all’infortunio subito …., è, al contrario, giuridicamente irrilevante, avendo questa Corte affermato che il dovere di controllo e di custodia, posto dall’art. 2051 c.c., sussiste anche in relazione alle cose prive di un dinamismo proprio e, nondimeno, suscettibili, in concorso di altri fattori causali, di cagionare danni (sent. 23.10.1990 n. 10277).
Tale indirizzo interpretativo, affermatosi non senza contrasti, va qui ribadito e confermato.
Non solo, infatti, la lettera della norma non abilita l’interprete (art. 12 comma primo preleggi) a distinguere, nell’ambito delle cose, oggetto di custodia, secondo che esse siano o non pericolose, ma, al contrario, siffatta distinzione deve ritenersi esclusa dal raffronto con il precedente art. 2050 il quale, nel porre a carico dell’esercente attività pericolosa, salvo prova contraria, la responsabilità per i danni arrecati a terzi nello svolgimento di essa, considera pericolosa l’attività che si tale anche solo per la natura dei mezzi adoperati: delle cose, cioè, attraverso le quali l’attività viene svolta.
D’altra parte, l’obbligo di custodia, posto dall’art. 2051 c.c., viene qui in considerazione in quanto dalla sua inosservanza sia derivato un danno ad un terzo.
E poiché il nesso di causalità tra fatto illecito ed evento dannoso può essere anche indiretto e mediato, essendo sufficiente che il primo abbia realizzato uno stato di cose, senza il quale il secondo non si sarebbe prodotto, e che il danno si trovi, con tale antecedente necessario, in un rapporto eziologico normale e non fuori dell’ordinario (Cass. 11.1.1989 n. 65), anche sotto tale aspetto è priva di ogni fondamento, agli effetti della norma in questione, la distinzione tra cose pericolose ed inerti, ben potendo anche queste ultime inserirsi in un complesso causale, produttivo di danno: riguardo al quale il legislatore ha inteso apprestare a favore del soggetto, che lo abbia subito, la tutela rafforzata, di cui alla norma citata.
Stabilito, pertanto, che la società convenuta aveva l’obbligo della custodia del terreno di gioco, che il danno venne cagionato da un’anomalia di questo (come accertato, senza censure, dai giudici di merito) e che, pertanto, l’attore aveva assolto il proprio onere probatorio, gli stessi giudici avrebbero dovuto accertare se la società avesse o meno fornito la prova del caso fortuito, inteso, questo nel senso più ampio, comprensivo, altresì, della colpa dello stesso danneggiato: nella specie ravvisata dal Tribunale in considerazione, oltre che della ritenuta inidoneità strutturale del campo da tennis a procurare danni alla persona, anche dell’omesso preventivo di controllo, …(omissis), dello stato del campo.
Ha affermato questa Corte che il comportamento del danneggiato integra gli estremi del caso fortuito allorché abbia costituito la causa esclusiva dell’evento dannoso (da ultimo, sez. II, 25 maggio 1994 n. 5083).
Tanto precisato, le argomentazioni, poste dal Tribunale a base della adottata decisione, non possono essere condivise.
Si è, infatti, già detto della irrilevanza, agli effetti, di cui all’art. 2051 c.c., della ritenuta inidoneità strutturale della cosa a produrre danni.
Parimenti, è giuridicamente irrilevante la affermata modestia dell’impianto sportivo in questione, poiché l’obbligo di custodia o sussiste – ed indubbiamente sussisteva riguardo a detto impianto, a prescindere dal grado, più o meno elevato, di organizzazione – o non sussiste, non potendosi interpretare la norma, come sembra abbia fatto il Tribunale, nel senso che l’obbligo si affievolisce, fino ad annullarsi, in rapporto alle caratteristiche intrinseche della cosa.
Nell’addossare, poi, all’utente l’obbligo di ispezionare il campo, prima di iniziare a giocare, il Tribunale ha finito con il trasferire, illegittimamente, l’obbligo di custodia da un soggetto ad un altro: dal gestore, cioè, tenutovi ex art. 2051 c.c., all’utente.
L’obbligo di custodia del primo non esonera, benvero, il secondo dal dovere di usare la cosa con la necessaria diligenza: ritenuta, dal pretore, nella specie assolta per aver fatto …(omissis) legittimo affidamento sulla idoneità del campo.
Il contrario convincimento del Tribunale viene a ragione censurato dal ricorrente.
Invero, in materia di danni cagionati a terzi dalla violazione dell’obbligo di custodia della cosa, il comportamento colposo dello stesso danneggiato integra il caso fortuito – che esonera da colpa il danneggiante – ovvero la diversa ipotesi, prevista da primo comma dell’art. 1227 c.c. ed applicabile anche in caso di responsabilità presunta del custode (sez. III, 26.4.1994 n. 3957) secondo che esso, rispettivamente, escluda la colpa del danneggiante o con essa concorra.
Tale diversa rilevanza della colpa del danneggiato è stata del tutto trascurata dal Tribunale, il quale è parso altresì attribuire efficacia interruttiva del nesso di causalità psichica a siffatto comportamento, senza neppure esaminare se il fatto, ritenuto colposo, dell’utente del campo da tennis potesse considerarsi eccezionale – come a tal fine si richiede: Cass. 16 maggio 1990 n. 4237 – o, al contrario, prevedibile da parte del custode.”
Per il testo integrale della sentenza si rimanda a Juris Data – BancaDati edita da Giuffrè, Milano.