La nomina delle figure del responsabile per la tutela dei minori (di cui allāart. 33, comma 7, d. lgs. 36/21) e del responsabile contro abusi, violenze e discriminazioni, cd. responsabile safeguarding (ai sensi della Delibera della Giunta Nazionale CONI n. 255 del 25/07/2023), rilevante anche ai sensi dellāart. 33 del d.lgs. 36/21, sta infatti suscitando parecchi interrogativi da parte dei sodalizi sportivi, uno dei quali riguarda proprio la necessitĆ (o meno) di chiedere il certificato antipedofilia relativo a tale soggetto.
Al fine di offrire una risposta ĆØ necessario muovere dallāanalisi della normativa di riferimento; lāart. 33, comma 7, del d. lgs. 36/21, dispone che: āAi minori che praticano attivitĆ sportiva si applica quanto previsto dal decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 39, recante attuazione della direttiva 2011/93/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorileā.
Ć evidente che la disposizione citata si focalizza sul soggetto che deve essere tutelato e protetto da qualsiasi abuso: il minore, in linea con quanto disposto dalla direttiva 2011/93/UE, fonte delle disposizioni statali in materia.
Il provvedimento comunitario, infatti, muovendo dal presupposto che āLāabuso e lo sfruttamento sessuale dei minori, compresa la pornografia minorile, costituiscono gravi violazioni dei diritti fondamentali, in particolare del diritto dei minori alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere, come sancito nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989 e nella Carta dei diritti fondamentali dellāUnione europeaā intende proteggere il minore da qualunque abuso, senza porre alcun limite derivante dalla natura professionale o volontaria del rapporto di colui il quale esercita la vigilanza sul minore.
Del pari, il provvedimento di attuazione della direttiva1, impone che āIl certificato penale del casellario giudiziale di cui all’articolo 25 deve essere richiesto dal soggetto che intenda impiegare al lavoro una persona per lo svolgimento di attivita’ professionali o attivita’ volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori, al fine di verificare l’esistenza di condanne per taluno dei reati di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies e 609-undecies del codice penale, ovvero l’irrogazione di sanzioni interdittive all’esercizio di attivita’ che comportino contatti diretti e regolari con minoriĀ».
Dallāanalisi della disposizione, espressamente richiamata dalla riforma dello sport (art. 33, comma 7, del d. lgs. 36/21), si evince chiaramente che lāobiettivo principale della legislazione nazionale (analogamente a quella comunitaria) ĆØ la tutela piena e incondizionata del minore; sarebbe assolutamente incongruo e pregiudizievole, oltre che privo di fondamento giuridico, limitare la protezione del soggetto ādeboleā alla sussistenza di un rapporto professionale.
Simili considerazioni, in particolare la ratio di protezione dellāintegritĆ fisica e morale del minore (oltre che dei tesserati in generale) sottesa alle prescrizioni normative, nonchĆ© la volontĆ di prevenire e contrastare ogni tipo di abuso, violenza e discriminazione, comporta la doverositĆ di richiedere il certificato del casellario giudiziale, cd. antipedofilia, per il responsabile dei minori e il responsabile safeguarding, che possono coincidere nella stessa persona, in virtĆ¹ della loro āmissionā e funzione, a tutti gli effetti, di āgaranziaā.
Un simile adempimento deve essere rispettato, pertanto, nel caso in cui tali figure operino a titolo volontario o professionale, siano interne o esterne al sodalizio, proprio per il fatto di essere a diretto contatto con i minori, di cui hanno la protezione.
Conferma di ciĆ² si evince, tra lāaltro, dallāanalisi delle prescrizioni FIPAV, secondo cui āil responsabile non deve avere riportato condanne penali, anche non passate in giudicato, per i seguenti reati di cui allāart. 16, c 5, d. lgs. 39/21ā.
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- Il riferimento ĆØ allāart. 2 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 39 (attuazione della direttiva 2011/93/UE relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile), secondo cui āArt. 2 Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, e sanzioni per il datore di lavoro 1. Nel decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, dopo l’articolo 25 e’ inserito il seguente: Art. 25-bis Certificato penale del casellario giudiziale richiesto dal datore di lavoro 1. Il certificato penale del casellario giudiziale di cui all’articolo 25 deve essere richiesto dal soggetto che intenda impiegare al lavoro una persona per lo svolgimento di attivita’ professionali o attivita’ volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori, al fine di verificare l’esistenza di condanne per taluno dei reati di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies e 609-undecies del codice penale, ovvero l’irrogazione di sanzioni interdittive all’esercizio di attivita’ che comportino contatti diretti e regolari con minori. 2. Il datore di lavoro che non adempie all’obbligo di cui all’articolo 25-bis del decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre, n. 313, e’ soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da euro 10.000,00 a euro 15.000,00ā. [↩]