Molti quesiti scritti alla nostra redazione chiedono quali siano le conseguenze derivanti dall’apertura della partita IVA nel regime forfetario susseguente a un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, mentre ci giunge anche notizia che molte associazioni e società sportive stiano proponendo ai propri collaboratori di non aprire subito la partita IVA, per “pensarci con più calma” e/o per non “bruciare” in tre mesi uno dei cinque anni ad aliquota IRPEF ridotta del 5%, rinviando tale apertura all’anno nuovo.
Analizziamo la questione evidenziando la pericolosità di tale comportamento.
Infatti l’art.1, comma 57 della legge 190/2014, che ha istituito il regime forfetario, stabilisce che “Non possono avvalersi del regime forfetario: … le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta“, quindi:
a) i “vecchi” compensi sportivi ex art, 67, comma 1, lettera “m”, del T.U.I.R. non si riferiscono a “rapporti di lavoro” e quindi sono assolutamente irrilevanti ai fini della possibilità di aprire partita IVA con il regime forfetario. In altri termini un collaboratore sportivo che ha esercitato l’attività fino al 30 giugno 2023 con le disposizioni del vecchio regime agevolato (compensi in esenzione di imposte fino a 10.000 euro nonché, indipendentemente dall’importo, da contributi) può aprire una partita IVA con il regime forfetario, sempre che rispetti le altre condizioni previste dal citato art.1, co. 57, della legge 190/20141;
b) le co.co.co. previste dalla riforma, come tutte le co.co.co., sono invece “rapporti di lavoro” e pertanto:
– se dopo l’apertura della partita IVA si lavora prevalentemente con associazioni/società diverse da quelle con cui ci sono stati rapporti di co.co.co., si può aderire al regime forfetario. In tal caso si pone il dubbio se sia applicabile l’aliquota IRPEF del 5% per i primi 5 anni o del 15%, a seconda che l’attività da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo e sia quindi in sostanza una “nuova iniziativa”.
Nella circolare dell’Agenzia delle Entrate del 30 maggio 2012, n. 17/E viene indicato che ai fini della considerazione dell’attività come “nuova iniziativa” non precludono precedenti attività svolte con “lavoro precario” come, ad esempio, i contratti di collaborazione coordinata e continuativa o quelli di lavoro a tempo determinato che si caratterizzano per la loro marginalità economica e sociale. L’Agenzia delle Entrate ritiene che la condizione di marginalità sussista tutte le volte che l’attività di lavoro dipendente a tempo determinato o l’attività di collaborazione coordinata e continuativa sia stata svolta per un periodo di tempo non superiore alla metà del triennio antecedente l’inizio della nuova attività con partita IVA.
Di conseguenza, poiché come già detto i compensi ex art. 67 lettera “m” non erano compensi di lavoro, anche eventuali compensi percepiti negli ultimi mesi del 2023 come co.co.co. non impediscono l’applicazione dell’aliquota ridotta del 5%: un rapporto di qualche mese è ben inferiore alla metà di un triennio.
– ma se invece si continua a lavorare prevalentemente per la medesima o le medesime associazioni con cui ci sono stati rapporti di co.co.co., non si può usufruire del regime forfetario.
Riassumendo:
– coloro che hanno percepito solo compensi ex art. 67 T.U.I.R. possono aprire la partita IVA in regime forfetario, beneficiando dell’aliquota ridotta del 5% per i primi 5 anni
– stessa situazione per coloro che dopo l’apertura della partita IVA svolgono la loro attività prevalentemente NON nei confronti di soggetti dai quali hanno percepito compensi di co.co.co. sportivo
– ma se hanno percepito anche un solo compenso di co.co.co. sportivo, e quindi anche solo per un periodo di tempo limitato hanno svolto la loro attività nei confronti del soggetto per il quale opereranno prevalentemente con partita IVA, la possibilità di avvalersi del regime forfetario è preclusa.
In tale ultimo caso, certamente si può aprire comunque la posizione IVA, ma in regime ordinario, nel quale:
– vanno rispettati una non trascurabile serie di adempimenti con costi di gestione, salvo casi particolarissimi, onerosi per un collaboratore sportivo
– e soprattutto i compensi sono soggetti a IVA 22%, che il lavoratore deve versare allo Stato e l’associazione o società sportiva in “regime 398” (la stragrande maggioranza) non può recuperare e che quindi diventa un maggior costo.
Si tratta evidentemente di una opzione ben difficilmente percorribile.
Raccomandiamo la massima attenzione in termini di programmazione e di scelte da condividere con gli stessi collaboratori potenzialmente interessati!
- Non possono avvalersi del regime forfetario:
a) le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini dell’imposta sul valore aggiunto o di regimi forfetari di determinazione del reddito;
b) i soggetti non residenti, ad eccezione di quelli che sono residenti in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono nel territorio dello Stato italiano redditi che costituiscono almeno il 75 per cento del reddito complessivamente prodotto;
c) i soggetti che in via esclusiva o prevalente effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili di cui all’articolo 10, primo comma, numero 8), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, o di mezzi di trasporto nuovi di cui all’articolo 53, comma 1, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;
d) gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che partecipano, contemporaneamente all’esercizio dell’attività, a società di persone, ad associazioni o a imprese familiari di cui all’articolo 5 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d’impresa, arti o professioni;
d-bis) le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro, ad esclusione dei soggetti che iniziano una nuova attivita’ dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni .
d-ter) i soggetti che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui rispettivamente agli articoli 49 e 50 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, eccedenti l’importo di 30.000 euro; la verifica di tale soglia è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato [↩]