Prima di entrare nel merito della sentenza della Corte dei Conti è necessario ricordare alcuni punti fondamentali.
Pensione quota 100
La pensione “quota 100” è stata introdotta per favorire il ricambio generazionale, dal D. L. n. 4/2019 convertito con modificazione nella L. 26/2019. È una pensione c.d. “anticipata” in quanto il soggetto che la richiede esce dal mercato dal lavoro prima del compimento dell’età pensionabile (67 anni); i requisiti per richiedere pensione quota 100 sono: il raggiungimento di un’età anagrafica di almeno 62 anni e di un’anzianità contributiva minima di 38 anni (62+38=100).
Il legislatore ha preteso, in cambio del pre-pensionamento, l’uscita dal mercato del lavoro da parte del lavoratore richiedente prevedendo all’art. 14, comma 3, del D.L. n. 4/2019 l’incumulabilità della pensione quota 100, a far data dal primo giorno di decorrenza della pensione e fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui.
Riforma del lavoro sportivo
Dal 1° luglio 2023, per effetto della riforma del lavoro sportivo contenuta nel citato D. Lgs. 36/2021, i collaboratori sportivi che svolgono l’attività dietro compenso sono qualificati come lavoratori e il rapporto di lavoro potrà essere oggetto di un contratto di lavoro subordinato o di lavoro autonomo anche nella forma di collaborazione coordinata e continuativa.
Incumulabilità dei compensi sportivi?
L’INPS, conformemente a quanto stabilito dall’art. 14, comma 3, del D.L. n. 4/2019, ha iniziato a contestare ai pensionati quota 100 che hanno stipulato contratti di co.co.co. rese in ambito sportivo dilettantistico, l’incompatibilità dei relativi compensi percepiti con la pensione, arrivando a revocare il trattamento pensionistico con la richiesta di restituzione delle somme erogate a titolo di pensione.
Questa situazione ha creato e sta creando ancora oggi preoccupazione, tanto è vero che il CONI alla fine dello scorso anno ha inviato agli enti affilianti (FSN, DSA e EPS) una comunicazione con la quale chiedeva di censire, al fine di individuare l’entità del fenomeno e il numero dei soggetti interessati, i contratti di lavoro sportivo stipulati con i beneficiari della pensione “quota 100”.
La sentenza della Corte dei Conti n.19/2025
Il fatto:
Un pensionato in quota 100, che aveva percepito reddito da lavoro sportivo, in relazione ad un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa ai sensi degli art. 25 e ss. del D.Lgs. 36/2021, per complessivi 2.000 euro, si vedeva recapitare da parte dall’INPS la richiesta di restituire l’importo complessivo di 29.752,80 euro di pensione, come conseguenza del divieto di cumulabilità del reddito da pensionecon i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ricomprendendo in quest’ultimi anche quelli derivanti dai rapporti di co.co.co. ai sensi del citato decreto di riforma dello sport,.
La sentenza:
Secondo la Corte dei Conti non sussistono i presupposti affinché l’INPS possa procedere al riconteggio del trattamento pensionistico avendo, il ricorrente, percepito un compenso da co.co.co. sportiva contenuto entro il limite di 5.000 euro.
La Corte dei Conti giunge a tale conclusione in conformità al principio già affermato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 234 del 24 novembre 2022 chiarendo che l’obiettivo del divieto di cumulo è quello di garantire che il beneficiario dell’agevolazione esca definitivamente dal mercato del lavoro. La Consulta ammette la compatibilità della pensione “quota 100” esclusivamente con il lavoro autonomo occasionale entro la soglia massima di 5.000 euro lordi annui (art. 44, comma 2, del D.L. n. 269/2003 come convertito) in quanto:
- non costituisce “nuova immissione” nel mercato del lavoro (prestazione di lavoro occasionale)
- non incide sul sistema pensionistico e previdenziale (non superando 5.000 euro)
Secondo la Corte dei Conti anche il contratto di collaborazione coordinata e continuativa resa nel settore sportivo dilettantistico, nel limite di 5.000 euro non costituisce “reimmissione” nel mercato del lavoro in quanto:
- manca il vincolo di subordinazione;
- pur trattandosi di una prestazione prolungata nel tempo (legata alla stagione sportiva) non costituisce necessariamente una stabile ed effettiva occupazione lavorativa;
- la specificità dello sport dilettantistico rende questo tipo di collaborazione difficilmente inquadrabile nel tradizionale mercato del lavoro;
- se il compenso non è superiore a 5.000 il rapporto non produce effetti a carico del sistema previdenziale.
In questi casi, il compenso sportivo viene equiparato al lavoro autonomo occasionale, già espressamente escluso dal divieto di cumulo entro la stessa soglia economica.
Alla luce di questa sentenza diventa fondamentale per le ASD/SSD e i collaboratori prestare particolare alla quantificazione dei compensi allo scopo di garantire la compatibilità con il trattamento pensionistico anticipato.