Qualche giorno fa, sabato 8 marzo 2025 per la precisione, cioè 7 anni, 7 mesi e 5 giorni, dopo l’entrata in vigore della riforma del Terzo settore, quella “dell’occorre separare il grano dal loglio”, presi da un’ansia di primazia, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha diramato un comunicato stampa nel quale si afferma che, finalmente, è arrivata dalla Commissione Europea l’autorizzazione per l’attuazione della riforma.
Alla notizia hanno fatto seguito le agenzie di stampa e un’intervista de Il Sole-24Ore alla vice-ministra del lavoro che enfaticamente ha annunciato il raggiungimento dell’obiettivo: la riforma del Terzo settore potrà partire e partirà quindi il 1° gennaio 2026.
Mettiamo in fresco il prosecco.
E invece no.
Ma come? Lo ha detto la vice-ministra che abbiamo dovuto far capire ai commissari la specificità del Terzo settore italiano, con tutte quelle sue sfaccettature, e ci siamo riusciti alla perfezione…
Occorre un po’ di calma e raccontare bene questa storia che, si auspica sinceramente, terminerà quando, dall’entrata in vigore del d.lgs. 117/2017 al 1° gennaio 2026, saranno trascorsi 8 anni, 4 mesi, 4 settimane e 1 giorno.
Il decreto legislativo rinvia la piena attuazione all’ottenimento di un parere che la Commissione Europea dovrebbe dare all’Italia affinché non si incorresse nell’infrazione delle norme che definiscono e regolano gli “aiuti di Stato”.
Come giustamente nota Carlo Mazzini, non è che la Commissione ci abbia messo così tanto tempo a fornire il proprio parere. Il fatto è che nessuno dei 5 governi che si sono succeduti in questi 7 anni e qualche mese, si era seriamente impegnato a inviare a Bruxelles la richiesta di parere, tanto che nell’ambiente si era iniziato a pensare a questa lettera fosse la summa delle bestie feroci che popolano la mitologia. Insomma un incrocio tra un golem ebraico, una sfinge egizia, una chimera etrusca e la lonza di dantesca memoria.
Probabilmente l’estensore si sarà trovato in un momento di acuzie della sindrome della pagina bianca.
E veniamo al documento in questione, frettolosamente definito “autorizzazione”: si tratta in effetti di una comfort letter (qui allegata), nella quale la DG per la Concorrenza, precisato che:
“… le considerazioni sopra esposte non costituiscono una posizione definitiva della Commissione, ma solo una valutazione preliminare dei servizi della DG Concorrenza basata sulle informazioni forniteci dalle autorità italiane”
afferma che:
Sulla base delle informazioni fornite, i servizi della Commissione ritengono preliminarmente che … le caratteristiche specifiche di ETS e Imprese Sociali pongano tali soggetti in una situazione giuridicamente e fattualmente distinta dalle imprese a scopo di lucro, in relazione all’obiettivo del sistema di imposta sul reddito.
Alla luce di tali considerazioni, le misure pre-notificate relative alla tassazione sul reddito (art. 79(2-bis), art. 80 e art. 86 del Codice del Terzo Settore, art. 18(1) del Codice dell’Impresa Sociale) non sembrano configurare un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107(1) TFUE, in quanto non appaiono selettive.”
Più cauta è invece sul tema dell’impresa sociale, relativamente alla quale afferma che
“Per quanto riguarda invece le misure della riforma che mirano a facilitare l’accesso al capitale proprio (art. 18(3)(4)(5) del Codice dell’Impresa Sociale) e al capitale di debito (art. 77 del Codice del Terzo Settore), vi invitiamo a ulteriori discussioni a breve termine.”
Quindi non è ancora stato deciso nulla in tema di impresa sociale mentre, per quanto riguarda le norme sugli ETS, l’esame dei testi normativi è incardinato e ottimisticamente si riuscirà a finalizzare positivamente l’esame.
Nel frattempo…
Nel frattempo non si perda tempo: gli statuti delle Onlus che non fanno parte delle prime ondate di OdV e Aps trasmigrate nel RUNTS (si parla di oltre 20.000 enti) dovranno essere riformati per poter entrare nel RUNTS, operativi, per il 1° gennaio 2026 salvo proroghe.
Si faccia attenzione che non si tratta solo di un “banale” adeguamento statutario bensì di
- una verifica profonda sulla natura dei proventi e degli oneri,
- sulla classificazione fiscale (in parte nuova) che nel decreto legislativo si fa delle attività che hanno “natura commerciale”,
- il loro impatto in ambito IVA,
- e, in generale, della riorganizzazione della governance degli enti interessati
- per gli enti di dimensioni maggiori, l’implementazione dei conti annuali con il bilancio sociale se ancora non si è provveduto.
Infine, ma non per importanza, il 1° gennaio 2026, salvo proroghe, sarà abrogata la legge 398/91 (non per gli enti sportivi ma) per molte delle associazioni che l’hanno finora utilizzata. Per questi enti si sommerà anche il passaggio al regime di esenzione IVA dei corrispettivi a fronte di attività istituzionali che prima erano annoverate tra le operazioni escluse (più altre modifiche altrettanto se non più importanti, per non farci mancar nulla …)
Altro che prosecco…