Le recenti circolari ENPALS n. 7 e 8 del 30/3/06, emesse a seguito dell'emanazione del Decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 15/3/05, e soprattutto le verifiche ispettive che da tali circolari sono originate, stanno creando grande preoccupazione a tutto il mondo dello sport dilettantistico.
Tale questione deve essere correttamente affrontata su due piani ben diversi.
In primo luogo l'interpretazione logico-giuridica delle norme e delle circolari.
Al di là della dovuta prudenza, dall’analisi della normativa non si vede né come possano essere assoggettati a obbligo contributivo le indennità, i rimborsi e i compensi "sportivi" di cui all'art. 67, 1° comma, lettera "m" del TUIR. né, peraltro, quale sia la reale novità introdotta dal citato Decreto ministeriale.
Il D.M. 15/3/05, emanato (come correttamente rammentato in apertura della Circolare 7) in forza della previsione dell'art. 3, II comma, D.Lgs. C.P.S. n. 708/1947, adegua le categorie dei lavoratori assicurati obbligatoriamente presso l’Enpals.
Ricordiamo che l'art. 2 di tale D.Lgs. C.P.S. stabilisce che "L'iscrizione all'Ente sostituisce a tutti gli effetti, … l'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti di cui al R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, e successive modificazioni".
In sostanza, quindi, le categorie elencate, e adeguate per effetto del decreto ministeriale in commento, sono soggette alla contribuzione ENPALS in luogo della contribuzione INPS (il R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636 modifica il R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, intitolato "Perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale", che regolamentava l'Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale).
In definitiva,queste categorie, per la particolare tipologia di attività svolta, sono assoggettate "in via speciale" a ENPALS invece di essere "normalmente" assoggettate a INPS; e l'INPS ha già chiaramente spiegato, nella nota circolare 42 del 26/2/2003, che i redditi di cui all'art. 67, I° comma. lettera "m" del TUIR, essendo redditi diversi e non redditi da lavoro, non sono assoggettabili a contribuzione previdenziale.
Difficile pertanto comprendere su quali basi l'ENPALS potrebbe seguire un’interpretazione divergente da quella offerta dall'INPS. E in effetti ad un'attenta lettura della circolare tale diversa interpretazione non appare: nessun punto delle circolari ENPALS affronta la questione dei compensi ex art. 67, che quindi non può che ritenersi già risolta dalla precedente circolare INPS.
Un'osservazione, poi, anche per quanto riguarda il presunto elemento di novità portato dal D.M. 15/3/05.
Fra le categorie di cui all'art. 3, D.Lgs. C.P.S., già nella formulazione stabilita dalla Legge di ratifica 29/11/1952 n. 2388 comparivano al n. 21 gli "addetti agli impianti sportivi", mentre
Già dalla lettura delle norme la questione pare quindi risolta, anche senza la necessità di ricorrere a un’interpretazione di respiro più ampio, basata sulla ratio dell'art. 67 e della successiva estensione della portata di esso alle società di capitali, effettuata dall'art. 90 della Finanziaria 2003.
Una riflessione: da una parte l'Erario, in considerazione della rilevanza sociale del mondo dello sport dilettantistico, rinuncia a qualsiasi pretesa sui rimborsi forfetari e compensi fino a un importo non certo trascurabile pari a 7.500 euro annui, e concede comunque una tassazione agevolata per gli importi eccedenti; dall'altra parte perché voler dunque ipotizzare l’assoggettamento di tali rimborsi e compensi ad una contribuzione previdenziale ben più onerosa di quello che sarebbe stato il carico fiscale, gravante su soggetti che svolgono un'attività (come vedremo più oltre) "non professionale" e che quindi ben difficilmente matureranno il diritto alle prestazioni previdenziali?
Ma l'analisi non può fermarsi qui, perchè la questione dei "compensi sportivi" deve essere affrontata anche sul piano del corretto inquadramento giuridico delle varie, e marcatamente diverse fra loro, tipologie di rapporti fra le società sportive e i loro collaboratori.
L’art. 67 T.U.I.R. stabilisce che “Sono redditi diversi … se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni … nè in relazione alla qualità di lavoratore dipendente: … m) le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche …".
Debbono quindi essere chiaramente individuate tre grandi categorie di rapporti fra le associazioni e società sportive dilettantistiche e i loro collaboratori: i lavoratori dipendenti, i lavoratori autonomi (professionali o occasionali), e i "collaboratori" di cui all'art. 67 TUIR.
Quanto corrisposto agli appartenenti alle prime due categorie è soggetto alla ordinaria disciplina delle imposte sui redditi e ad obbligo previdenziale; quanto corrisposto ai "collaboratori sportivi" è soggetto alla particolare disciplina di cui all'art. 67 TUIR e al collegato art. 25 della Legge 13/5/1999 n. 133, ed è escluso da obblighi contributivi.
E’ questo il punto sul quale tutti i soggetti coinvolti, dai prestatori d'opera, alle associazioni e società sportive dilettantistiche, agli organi verificatori, debbono prestare la massima attenzione: la collocazione in una di tali categorie deve essere effettuata sulla scorta di una attenta valutazione di ogni singolo rapporto, perchè da tale collocazione discendono le conseguenze sul piano fiscale e previdenziale.
Se un collaboratore è tenuto al rispetto di un orario preciso, è sottoposto alle direttive e al potere disciplinare di un superiore, ha diritto ad una retribuzione costante indipendentemente dai risultati raggiunti, e in generale rispetta le previsioni della consolidata dottrina e giurisprudenza in materia, allora è un lavoratore dipendente.
Analogamente, e qui la questione è più delicata, se un istruttore, allenatore, massaggiatore, manutentore, svolge tale attività "per professione abituale, ancorchè non esclusiva", come recita l'art. 5 D.P.R. 633/72, allora sarà un lavoratore autonomo, soggetto a ordinaria imposizione fiscale, tenuto agli adempimenti IVA e soggetto ad obbligo previdenziale.
E ancora, la seconda parte dell'art. 67, comma 1, lettera "m" comprende anche i "rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale"; anche in questo caso, qualora la prestazione si configuri come "professionale", la speciale disciplina agevolativa non troverà applicazione, ma si tratterà di "ordinaria" collaborazione, con i conseguenti obblighi fiscali e previdenziali.
Solo qualora il rapporto non rientri in tali categorie, perchè manca sia la subordinazione che la "professionalità", solo allora si potrà legittimamente applicare il trattamento fiscale e previdenziale agevolato di cui all’art 67, comma 1, lettera m.
In conclusione, se da un lato le preoccupazioni legate alla pretesa di assoggettare a contribuzione previdenziale i compensi "sportivi" ex art. 67 TUIR ci paiono eccessive, dall'altro lato è indispensabile che gli operatori pongano la massima attenzione nell'applicazione di tale norma agevolativa che riguarda, vogliamo ancora sottolinearlo, i soli rapporti che non abbiano natura di lavoro subordinato, nè di attività professionale.